By Anne Burton | ottobre 16, 2015 - 8:49 am - Posted in Ottobre 2071

Puntuale come una ramanzina di Parker o un consiglio non richiesto della Halliwell, anche quest'anno la gloriosa Civetta dello Sport ha strizzato l'occhio alla Gringott nell'ormai arcinota operazione di mercato chiamata FantaQuidditch. Lettori interessati – gli stessi che magari, a domanda, conoscono più l'ultimo rampollo arrivato alla corte dei Magpies piuttosto che i nomi dei candidati alla poltrona di Ministro – non potevano infatti farsi sfuggire l'occasione di sperimentare quella brillante carriera da Allenatore (Fanta, pardon) appesa da un Levicorpus per questioni anagrafiche o di somma realizzazione personale annegata sul fondo di un Incendiario alla Testa di Porco e quindi eccomi qui a raccontare le ragguardevoli imprese di chi ha zellini da spendere e tempo per star dietro agli interessi del più noto crocevia monetario della nostra Comunità Magica. Dimentichi di mostrare occhi lucidi e storie – feat Sciacalli – da raccontare davanti al camino della propria Sala Comune con aneddoti che li vedono inevitabilmente, ma non involontariamente, protagonisti indiretti della nuova versione di saetta vs cartilagine, infatti, i giovani maghi e streghe del Regno Unito hanno dimenticato in fretta come quegli stessi Goblin ci abbiano lestamente chiuso in faccia le porte della Gringott neanche un anno fa, atteggiandosi a padroni di denaro non loro che al momento mettono in palio – che generosi! – dopo averne spillato un altro po' per far abboccare adoranti finti intenditori di tre bocce da librare in volo. Certo, fin quando esisteranno maghi e streghe che – come O'Flynn in questo momento – mi guarderanno storto anche solo per aver osato accostare la parola lucro a quella del sacro vincolo del matrimonio che lega ogni Battitore alla sua mazza, il mio articolo è di sicuramente il candidato più papabile per allenarsi con gli elementali di fuoco o la sparizione trasfiguratoria appena spiegata dal professor Milan Marea, ma per coloro che – invece – mostrano un minimo di senso critico, spero che questo preambolo serva perlomeno a mettere il cosiddetto Billywig nelle orecchie circa la filantropia dell'iniziativa. Sempre che qualcuno possieda ancora l'utopistica visione che il FantaQuidditch sia solo un gioco, certo. Al momento – mentre in redazione ci si porta avanti con i preparativi di Halloween, a giudicare dai musi lunghi che vedo – stando ai dati forniti quotidianamente da La Civetta dello Sport, risultano iscritte tredici (fanta)squadre, più o meno nel rispetto della regola non scritta del Quidditch che predilige formazioni con doppio nome ma stessa lettera iniziale (un po' come i Charlie Chiacchierone, se io stesso dovessi avere il mio dream team). L'eterogeneità delle possibilità finanziarie – sono solo quindici galeoni, starà già dicendo qualcuno – ha se non altro messo insieme giocatrici professioniste di Quidditch come Nicole Silverstongue – mi dicono, io a stento la ricordo nel suo periodo scolastico – che devono per forza di cose tirar l'acqua al proprio mulino, giornalisti di settore come Robert McReady - che magari avrà ricevuto qualche spintarella dalla stessa Civetta dello Sport – chi nel dorato mondo del Quidditch sta facendo di tutto per entrarci – alias Tommy O'Flynn – e quindi deve sempre parlarne bene o chi campa di rendita come Aurora Halliwell che, dopo la vittoria dell'anno scorso, ben si potrà permettere i soldi dell'iscrizione al concorso, sempre che non abbia fatto la taccagna – in quel caso l'amerei – facendo sborsare al suo compagnuccio Ruaidhri Kerney la sua parte di "ingaggio", se così lo si vuol chiamare. Però, visto che come dice il detto "se il San Mungo piange il Ministero non ride" a questi pseudo intenditori occorre aggiungere elementi che si adattano al contesto come Ian O'John ad una cena di gala, tipo Anne Burton – sul cui divorzio dal cugino di Merida lascio volentieri la parola alle comari che possono reputarli degni di qualche nota - Hortense Lanfrad, che ormai si infila in ogni iniziativa del Pianeta Terra talvolta anche a costo della vita, e Theodore Horan che però immagino sia ancora convinto che si tratti del concorso cui si è iscritto – ci domandiamo tutti perché – l'anno scorso quindi lasciamolo dormire tranquillo, già. Tra le cosiddette new entry – che io più semplicemente chiamerò: i nuovi fregati dal sistema – troviamo invece una graziosa cucciola d'uomo chiamata Sidney O'Callaghan, abbastanza anonima esattamente come il nome criptico perché fa grinzafico della sua squadra – l'accoppiata ditta Leonard Murray e Lily Morris – sappiamo da chi hanno preso il cervello quei ratti che allevano – i due corvi ed una capanna Isobel Carrot e Connor Olsen – i cui figli avranno nomi astrusi almeno quanto la loro squadra – l'originalissima Amanda Blackwood che ha chiamato di certo la sua squadra Black Sheep proprio a caso ed Hugo Seaton su cui non infierirò più del dovuto non tanto perché non serva, quanto perché gradirei trovare il mio baule al suo posto, quando rientro in dormitorio. A completare l'ultimo vagone del FantaQuidditch Express arrivano poi i gemelli Lancelot e Barristan Hevenge, meglio noti come coloro che faranno venire precocemente i capelli bianchi alla Caporedattrice di questo giornale. La parte più succulenta del concorso – a bolidi fermi – tuttavia, è di certo quella riservata ai nomi delle squadre. Pensate: ci sono giovani maghi e fanciulle in età fertile – futuri genitori di domani, help – che pagano ben quindici galeoni – lo ribadisco – per chiamare la propria squadra dei sogni… il Pupo e la Secchiona. Qualcuno – magari il nuovo Ministro della Magia che mi sembra una persona a modo – dovrebbe prendere in considerazione l'idea di un'amnistia per gli Sciacalli catturati nei mesi scorsi, per questi casi almeno, per favore. Diverse e fantasiose sono invece le interpretazioni per il C.P. con cui la giovane O'Callaghan si presenta alla ribalta; se c'è chi – io – si è lanciato in un romantico Crepa, Potter vi sono anche i sostenitori di varianti come Connor Puzzone o Corvoscemi Perirete, che sempre di cose allegre si parla, in fondo.
Per il bene della parte di Comunità Magica che ha ancora il tronco encefalico in formazione, tuttavia, è meglio che la mia disquisizione sulle ragioni – eufemismo – che hanno portato i (fanta)allenatori a scegliere il nome della propria squadra – Kaboom Hurricane, seriamente? – si arresti qui, senza infierire ulteriormente. Ne va del destino della futura classe dirigente del Regno Unito e non vorrei essere il responsabile di un ulteriore ritardo mentale oltre quello che sarà di certo scaturito nell'apprendere il nome che Hortense ha pensato per il suo dream – è proprio il caso di dirlo – team: Kiltie Pleasures

Cedrick Bramwen. Meglio noto come il Selfish, il sestino Serpeverde male amalgamato con il mondo che lo circonda, vive di una strana forma di opposti, secondo la testimonianza di alcuni coetanei che preferiscono restare anonimi. Estremi che ce lo hanno fatto conoscere come un Jobberknoll in piena salute quanto a parlantina ed un Ippogrifo fiero ed altezzoso come comportamento e visione del mondo. Se fosse un detto babbano lo si potrebbe definire come ogni riccio un capriccio, ma considerando che è un purista del lignaggio magico – per la gioia dei verde-argento più radicati – è più comunemente associabile ad un detto tipico dei maghi: uno Shadem per capello. E capelli ne possiede abbastanza da non temere una calvizie precoce. Arrivato a La Voce l'anno scorso dopo una lunga ed attenta militanza tra i lettori del giornale che l'ha portato a studiare il modo di fare e scrivere di ogni scribacchino con appunti nascosti probabilmente nelle folte sopracciglia che si ritrova.
By vocestudenti | ottobre 9, 2015 - 6:12 pm - Posted in Ottobre 2071

Controeditoriale

di Catherine Smith

Durante questi ultimi anni, tanti scribacchini si sono divertiti a giocare con la parola "Halloween", scomponendola sempre in maniera più o meno originale, sfruttando persino le varie assonanze a cui si presta questo nome. Per una volta, invece, a me piacerebbe riportare l'attenzione sulle vere origini di questo termine, che altro non è che una variante scozzese del più classico "All Hallows Eve". Una cosa che accomuna maghi e babbani è quella di dedicare più attenzione alle vigilie delle feste, piuttosto che alle feste stesse. Non è poi così strano però, se ci riflettete: è più divertente organizzare i preparativi per Halloween, piuttosto che stare in Sala Grande a mangiare durante la festa, nonostante non ci sia più il rischio di venire sgozzati con uno zuccotto ma, al massimo, quello di rimanerci secchi per la presenza dell'ennesimo intruso che piomba senza preavviso nella scuola. E' un periodo che si trascorre all'insegna di scherzi più o meno di cattivo gusto, in cui si va alla ricerca del costume più spaventoso o di quell'incantesimo perfetto che renderà gli addobbi davvero, davvero terrificanti.
Tutto sommato però, Halloween è una tra le feste che preferisco e non tanto perchè non sei obbligato ad indossare uno di quegli orrendi abiti da cerimonia che si vedono al Ballo dell'Agrifoglio ma, più che altro, perchè è la festa in cui si abbattono le frontiere. Secondo la tradizione, infatti, allo scoccare della mezzanotte tra il 31 ottobre e il 1 novembre si abbassa quel muro che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. E' una cosa che alcuni trovano affascinante, probabilmente perchè nutrono la speranza di poterne dire quattro alla loro bisbisnonna che non gli ha lasciato nulla in eredità, altri invece provano paura e timore, un po' come succede ogni volta che si abbassa qualsiasi tipo di barriera. Ma non è questo il bello di Halloween, dopotutto? Correre dei rischi, osare, stupire… spaventare.
Quest'anno, se volete davvero far prendere un colpo a qualcuno, provate ad abbattere qualche barriera anche voi. Basta poco, posso confermarvelo. Pensate, per esempio, a quel filtro che si interpone tra i vostri pensieri e la vostra voce. Cosa succederebbe se abbattessimo questa sottile barriera e fossimo costretti a dover esprimere tutto ciò che ci passa per la mente? Immaginate, che so, di trovarvi davanti al professor Thofteen ed essere costretti a dirgli che pensate che non sia affatto giusto che abbia preso il posto del professor Harrenhal come capocasa, nè tanto meno che meriti la cattedra di aritmanzia perchè vi mancano troppo le perle di saggezza del professor Wenlock. Sentite questa, anche: immaginate per un solo giorno di ritrovarvi faccia a faccia con la Outteridge e di sentire l'impellente bisogno di riferirle che è proprio il caso che vada in pensione, perchè non ha più l'età per insegnare, e che la Dalloway è una grandissima arpia che si diverte solo a mettere votacci agli studenti. Siete sicuri che in occasioni del genere non preghereste che Allen Hollowdale venisse in vostro soccorso a censurarvi? Non ci sarà nulla a cui potrete appellarvi per giustificare quello che involontariamente è uscito dalle vostre labbra. Niente spore di polemianta che vi rendono cattivi peggio di un Erinni, nessun Imo che ha fatto uscire la parte più violenta di voi, e nessuna Cambiapersonalità che altera il vostro comportamento. E' sufficientemente spaventosa l'idea di doversi prendere la totale responsabilità di dire a voce alta tutto tutto ciò che vi passa per la testa? E di accettarne le relative conseguenze, ovviamente. Ora sta a voi divertirvi o spaventarvi, a seconda dei punti di vista, facendo questo piccolo esperimento. Occhio a non barare però: è severamente vietato pentirsi, rimangiarsi ciò che si è detto, ammettere che si è stati fin troppo avventati e poco riflessivi prima delle ventiquattro ore da quando si inizia a parlare a ruota libera. Buon Halloween!

 

Vita da docente

di Wyatt Fitzpatrick

Mentirei se dicessi di non essermi emozionato un po’ quando mi è stato chiesto di scrivere questo trafiletto. Durante i sette anni trascorsi tra queste mura, ho provato più volte ad inserirmi nella redazione di allora, ma ogni tentativo è stato infruttuoso. Dopo l’ennesimo rifiuto, decisi di ribellarmi e di dimostrare, da solo all’intero castello, quanto fossi capace, contrariamente a ciò che si diceva in giro. Fondai così il mio personalissimo Mensile del Piccolo Astronomo con cui non solo avrei dato mostra della mia bravura ma, avrei anche avvicinato la popolazione studentesca a quello che, all’epoca come adesso, era una parte massiccia del mio mondo. Beh, potete immaginare benissimo da soli come sono andate le cose, visto che nessuna traccia di questo mensile è giunta fino a voi. E non è perché ci misi poco impegno! Spesi davvero molto tempo ed energie in quell’impresa, ma alla fine dovetti accettare la triste realtà dei fatti: parlare e leggere di Astronomia fuori dall’orario di lezione non era un desiderio comune ma, soprattutto, quella della scrittura non è una dote che mi appartiene. Tranquilli, con gli anni sono migliorato un po’: non posso promettervi un racconto avvincente, ma farò del mio meglio per non tediarvi più del necessario.
Non ho mai pensato di fare dell’insegnamento il mio lavoro. Assistere il professor Tor all’Osservatorio era un modo per proseguire le mie ricerche in ambito accademico: potevo continuare a viaggiare per apprendere sul campo, dai racconti delle popolazioni locali, quello che sui libri non potremmo imparare mai; poi, potevo condividere il mio lavoro con gli studenti dell’Osservatorio, alcuni dei quali avevano pensieri davvero illuminati e illuminanti, una fra tutti colei che ha finito per seguirmi fin qui. È stato, forse, il ricordo della dedizione che ho visto tanti qualche anno fa nella mia assistente che mi ha spinto a dire di sì, senza indugio alcuno, quando mi è stato offerto di tornare tra queste mura come docente di Astronomia.
All’Osservatorio Håkon sono molti i neo magati che arrivano senza avere chiara l’importanza di questa materia: tornando qui, avrei avuto modo di far capire a studenti nel fiore degli anni quanto le conoscenze astronomiche sono fondamentali per la stessa conoscenza della nostra magia; avrei potuto trasmettere loro la mia stessa passione e fargli comprendere quanto sia bello anche solo ammirarla per un’ora o due, la volta celeste.
Devo però ammettere che dopo il sì, la strada non è stata tutta in discesa, anzi. Ricordate come vi siete sentiti quando, andando a letto il 31 Agosto, sapevate che l’indomani ad attendervi c’era un treno che vi avrebbe riportati a casa o che vi avrebbe accompagnati verso una nuova avventura? Io sì e mi è stato dato modo di rivivere, dopo tutti questi anni, queste stesse sensazioni e di sentirmi nuovamente a casa varcando il portone d’ingresso. Insieme a tutto ciò, però, c’era anche un pizzico di timore. Temevo (e un po’ continuo a farlo tutt’ora) di non essere all’altezza, di non riuscire a gestire una classe di bambini e di essere guardato con diffidenza da quanti avrebbero preferito ritrovare il volto noto del professor Marston.
Sapete, avere la responsabilità della vostra istruzione non è cosa da poco. Questi anni che passerete a formarvi sono molto importanti per il vostro futuro e noi docenti dovremmo essere almeno una piccola parte di quell’esempio da seguire. Insomma, è una gran bella responsabilità quella che abbiamo: non è certo una vita facile quella degli insegnanti. Avrete notato che preferisco dialogare con voi, spingervi al ragionamento piuttosto che riproporvi quanto troverete con tanto di illustrazioni sul vostro libro di testo o su qualsiasi altro manuale di cui la biblioteca è senza dubbio fornita. Ma questo mio modo di fare potrebbe essere come una di quelle bacchette farlocche che si trovano da Zonko’s e non essere di nessuna utilità né per voi né per me. Anche questo va studiato, cesellato, affinché vi sia il giusto equilibrio. No, la vita di un docente non è affatto facile ma, dopo appena due mesi, mi sento di dire che sono ben lieto d’aver accettato ed è gratificante vedervi partecipare attivamente alle lezioni. Poi, magari, chiedetemelo a giugno se la penso ancora così.

By CatherineSmith | ottobre 5, 2015 - 5:08 pm - Posted in Ottobre 2071

Stamattina, mentre facevo colazione in Sala Grande, mi sono incantata a guardare il verde, il rosso, il blu e il giallo delle nostre quattro clessidre e, prima che Merida approfittasse di questo mio attimo di distrazione e venisse ad immortalarmi, sono andata subito a prendere pergamena e piuma in dormitorio, per appuntarmi alcuni dubbi che mi hanno assalito e che ho pensato di riproporvi in questo articolo. Cos'è la coppa delle case? Come funziona? Non fraintendetemi, so che anche il più addormentato di tutti i primini nel giro di due giorni di scuola ha già capito che i cinque punti che gli hanno assegnato per non aver detto una trollata equivalgono a cinque pietroline che scendono giù dalla clessidra della sua casata. Ma qualcuno vi ha mai svelato il motivo per cui i nostri quattro fondatori si sono presi la briga di organizzare questa competizione interna tra casate? Una persona, una volta, mi ha detto che scrivere per la Voce mi avrebbe aiutato a capire meglio come ragiona la mente umana. E, visto che Ivy mi ha dato questa possibilità, ho deciso di partire da questo argomento.
Sono andata quindi ad indagare in giro per il castello, per chiedere a cosa servisse la coppa delle case, e se c'è un punto su cui tanti hanno concordato è uno: la coppa è un incentivo a studiare. Claus White, un secondino tassorosso, ce lo dimostra "Questa competizione è un'ottima cosa per far studiare di più, perché certe persone prendono le competizioni molto seriamente e iniziano a studiare molto solo per sentirsi sopra ad altre case." che vi dicevo? "Io penso che sia molto bella e anche se per dieci mesi vogliamo superare le casate avversarie con molta determinazione, questa cosa fa unire gli studenti". Unire: che parola interessante, non trovate?
Dalla torre grifondoro invece, in direttissima da alcune chiacchiere durante una ronda, vi riporto il parere di Sonny, la mia collega caposcuola "Se si trattasse solo di studio, dovrebbero vincere sempre i Corvonero, ma è un po' limitativo, non credi?" lo credo eccome, stai scherzando? "Io penso che sia molto più di questo. I punti possono essere assegnati agli studenti anche per tanti altri motivi, ed è questo che rende diverse le varie casate e le persone che le compongono. Infondo la Coppa delle Case è un po' come il Quidditch: sana competizione. Spinge tutti a dare il meglio in generale e non solo nello studio, per il bene di un gruppo, di un'intera casata e non per se stesso. Festeggiare la vittoria della Coppa delle Case da solo non è divertente, e non avrebbe neanche senso. E' il contribuire insieme ad altri alla vittoria che rende unito un gruppo, e credo che la Coppa delle Case sia nata proprio per questo". E' evidente che i grifondoro, a differenza mia, hanno troppo buon cuore per sottolineare quanti concasata, in realtà, si vorrebbero affatturare dalla mattina alla sera, per tutti i punti inutili che fanno perdere perchè non sono in grado di usare il cervello a lezione o perchè si fanno beccare dagli spillati meno opportuni mentre dicono di essere a caccia del kneazle di Miss Hewitt oltre il coprifuoco.  
C'è qualcuno come la signorina Layla Thirwall, quartina serpeverde, che considera invece la coppa come solo una questione di tradizioni "Uhm, è una cosa che c'è sempre stata alla fine, giusto? Ma secondo me è abbastanza utile. Insomma, è un metodo per costringere tutti ad imparare, a studiare e a non fare bolidate per evitare di essere schiantati da qualche compagno per i punti persi". Per quanto il concetto di costrizione non mi piaccia molto, sono felice che almeno qualche altro serpeverde la pensi come me riguardo gli schiantesimi. Anche se ormai è da troppo tempo che non vedo più gli studenti realmente interessati a quella coppa, tanto da macchinare qualche sana vendetta per chi non contribuisce abbastanza a far riempire le clessidre. Ma magari è solo un'impressione, vero?
L'ultimo parere che sono andata a cercare, invece, è quello di un piccolo corvonero, Archibald Kennedy, che magari non è stato ancora contaminato dall'eCocentrismo che si respira tra i bronzo-blu. "Mmh…non ci avevo ancora pensato, ma cosi su due corvetti, ti direi per istigare gli alunni ad avere un buon comportamento e allo studio. Poi si studia per apprendere ma si gioca per vincere no?". Il marmocchio ha centrato il punto ed io non avrei mai pensato di concordare con ciò che dice e pensa un Corvonero. Non credo che i fondatori ci ritenessero un branco di Troll che, per rendere a scuola ed essere invogliati a studiare, avessero bisogno di quattro clessidre sempre in mostra in Sala Grande. Se a qualcuno non interessa lo studio, non saranno di certo quei punti ad invogliarlo, e viceversa. Non pensate che Godric volesse che i suoi studenti non avessero paura di confrontarsi tra loro e, indipendentemente da come andassero le cose, la competizione sfociasse in un'occasione per vincere lealmente? Tosca magari, dall'alto della sua somma tenacia, sperava che i tassorosso tirassero fuori i boccini una buona volta e facessero capire che, sì, grazie alla loro tenacia possono arrivare a vincere esattamente come chiunque altro. La luce e il prestigio che avrebbero tratto i corvonero da una vittoria simile non poteva che essere motivo di orgoglio per Cosetta che, con tutta probabilità, riteneva che per loro più di chiunque altro fosse semplice ottenere la coppa. E Salazar? A Salazar bastava poco: rendere i suoi studenti consapevoli che avrebbero dovuto fare tutto ciò che è necessario per vincere. Senza se, e senza ma di mezzo. Che, dopotutto, non è nemmeno solo questione di punti questa, ma più che altro una di quelle regole che ci si dovrebbe stampare nel cervello ogni qual volta vogliamo raggiungere un obiettivo. E voi, quanti punti vi date? Quanto pensate di rendere orgoglioso il vostro fondatore e cosa state facendo per vincere la coppa, oltre che ripetere un capitolo di storia della magia a memoria o eseguire correttamente un incantesimo? Che la sfida abbia inizio anche quest'anno, signori!

Catherine Smith. Caposcuola in skate, ostinata ad utilizzarlo anche durante le ronde finchè non le verrà esplicitamente vietato dal regolamento scolastico. Philip Noreal quando le ha regalato la sua prendiappunti, ha predetto che non l'avrebbe mai usata per fare i compiti: ora che è entrata in redazione e non usa altre piume all'infuori di quella, ha iniziato a pensare che l'ex-scribacchino abbia la Vista. O semplicemente che i Tassorosso riescano a farla franca più di quanto si dica in giro. Incantesimi è la sua materia preferita da sempre, ed è decisa a costruire il suo futuro sfruttando questa passione. I tratti tipici della londinese d.o.c. sono più evidenti intorno alle cinque del pomeriggio, quando ha necessariamente bisogno di far rifornimento di earl grey tea, ovunque sia, e qualsiasi cosa stia facendo. A serpeverde ha trovato nemici, alleati e amici, qualche buon esempio da seguire e la certezza che il Cappello non fosse ubriaco durante lo smistamento, perchè nonostante le voci di corridoio, lei non si vedrebbe in nessun'altra casata se non la sua.