Alla fine di una lezione di Incantesimi, la scorsa settimana, ho chiesto alla professoressa Carmichael se per lei non era troppo seccante ricevermi un giorno nel suo ufficio per rispondere a qualche domanda per la Voce. In questi mesi avevo avuto modo di notare che è una persona ragionevole, oltre ad un’insegnante degna di questo nome. Credevo che che se la fosse presa per quella volta che le ho chiesto di venire a dare un’occhiata nella sala comune Serpeverde perché avevo combinato un bel casino sulla cappa del camino, esercitandomi con il Rocciascarpa. Non mi aspettavo invece che fosse addirittura felicissima di rispondere alle mie domande, come ha detto lei stessa. Quando sono passato dal suo ufficio, una strana voce metallica, simile alla sua, stava leggendo dei compiti da correggere, guarda caso del settimo anno. Non li ho mica guardati, eh. Be’, forse solo un’occhiata casuale (Roines ha preso meno di Hargreaves, io mi preoccuperei).
Lewis: Erano i nostri compiti quelli? So che sembra che ho fatto confusione con quei due incanti, però… Userò la Prendiappunti così non perdo niente, l’ha vista a lezio… Cioè, sì ecco, la uso a lezione. Le faccio giusto qualche domanda, se ne trova una insensibile me lo dice e io… Mmh, okay. Lei dove è nata, di dove è originaria?
Sì be’, quella sull’insensibile era una mia nota, non avrei dovuto leggerla e la Prendiappunti non avrebbe dovuto segnarla. Stupido aggeggio.
Lysithea: Sì, erano i vostri compiti e avrà la valuzione insieme a tutti gli altri. Gradisce del tè? Prego, si serva. Non voglio metterla in imbarazzo versandoglielo io. Sono più che sicura che se sa maneggiare una mazza da battitore, sa anche versarsi del tè. Ovviamente il professor Powell mi ha riferito che sa farlo. Si calmi, davvero. Non è importante. Sono nata a Cork, in Irlanda. Ha presente? La cittadina famosa per i suoi Incantantori, neanche a farlo apposta.
Si è versata il tè da sola come se niente fosse, come se sapesse perfettamente quando smettere di versare e dove si trovava di preciso il fondo della tazzina. Con tutto il rispetto, è stato quasi inquietante vederla.
Lewis: Ah certo, non chiedevo di sapere la valutazione… Sì be’, Powell avrà parlato per orgoglio, non sono questa gran cosa con la mazza… da battitore, ecco. Certo, Cork. Pare che molti nativi di lì si associno agli Incantatori, è una sorta di tradizione, di legame storico con il gruppo. Quindi è nata da maghi? E poi quale scuola ha frequentato? Hogwarts, magari? E come si è trovata? Voglio dire, era tanto diversa rispetto a come è ora? Insomma, è ancora giovane, magari non è cambiato granché.
Lysithea: Non sia modesto, su. Il professor Powell sa quello che dice, anche se magari può sembrare di parte. Esatto, signorino Lewis. Molti degli abitanti di Cork si identificano con loro, ancora oggi. Sì, i miei genitori erano entrambi maghi, anche se nessuna delle due famiglie è completamente purosangue. Ormai, è difficilissimo incontrarne una che lo sia da sempre. Ho frequentato Hogwarts, ero nella casata dei Grifondoro. So che questo mi farà diventare la sua professoressa più odiata, ma il Cappello Parlante ha voluto così. Sa che le dico? Era molto simile a come è ora. La scuola è una di quelle cose che non cambiano mai. E le assicuro che non sono poi così giovane, ne sono passati di anni da quando l’ho frequentata.
Ha riso molto in quest’intervista, devo dire. Non di quelle risate di quando ti prendono per i fondelli, questo è decisamente un punto a suo favore.
Lewis: Professoressa, può chiedere a chiunque, la modestia non è davvero il mio forte. Già, è difficile, così dicono.
È seguito qualche scambio di opinioni sulla faccenda dei purosangue e le Case di Hogwarts ma, visto che lei è d’accordo e che il giornalista sono io, quella conversazione resterà tra me e la professoressa. Un mio paragone con certi prosciutti di cinghiale scozzese, però, l’ha fatta ridere di nuovo.
Per me lei sa il fatto suo e non lo dico perché sta correggendo i nostri compiti. Tornando alla scuola… Come si è trovata? Nel senso… Be’, devo chiederglielo, in fondo lei se l’aspetta di sicuro. Come si è trovata con il suo problema, diciamo, agli occhi? E… che cos’è? Ce l’ha da bambina o cosa?
Lysithea: Mi fido della sua sincerità. È una semplice malformazione che ho dalla nascita. In questo momento lei per me è un’ombra sfocata, così sfocata che è difficile distinguerla dalle altre. [Con calma assurda, come se niente fosse.] All’inizio è stato difficile, lo ammetto. Ma più passavano gli anni, più ho capito che non era colpa mia, che non potevo modificare la mia condizione e che, invece, dovevo abituarmi a conviverci. Ho compensato con tutti gli altri sensi, più sviluppati della norma. Non si può sentire la mancanza di qualcosa che non si è mai avuto. E, per me, questa cosa è la vista.
Lewis: Non riesce a distinguermi dalle altre ombre? La sa una cosa? Quasi quasi tutto questo la rende migliore di molti altri. Voglio dire, se potesse vedermi… Be’, non sono un belvedereokayandiamoavanti. Mi sembra che ci sia riuscita ad abituarsi. Be’, immagino saprà che gira qualche battutina sul fatto che nei corridoi vada a sbattere contro le armature… Non le dico io queste cose, eh. Comunque so che non è vero. Ma quanto tempo ci è voluto ad arrivare a questo livello? Per abituarsi a muoversi e soprattutto usare la magia senza poter vedere? Scommetto che Pozioni non le piaceva granché, eh?
Lysithea: So che dietro di lei c’è un armadio e nell’angolo lì un baule, ma solo perché ho studiato la stanza e sono abituata a starci. Non perché li distinguo nettamente. Sono sicura che non è così, signorino Lewis. Deve sapere che noi docenti fingiamo di non sapere le cose, ma in realtà le sappiamo eccome. Sono convinta che se non fosse un bel vedere, la signorina Austen non starebbe con lei. E da questo può capire che sono perfettamente a conoscenza delle varie battutine che circolano. Ero preparata anche a questo quando ho accettato di lavorare ad Hogwarts. Ci sono voluti anni di pratica per abituarmi a muovermi, ma quella è stata la cosa più semplice. Alla fine, ho sempre vissuto così, anche a casa mia quando ero piccola. Ogni volta che mi trasferisco in un posto nuovo, ci vuole qualche giorno perché capisca il luogo, ma alla fine penso che la cosa sia utile. Le armature della scuola ne saranno state contente. Per la magia ci è voluto un po’ di più. Anni di pratica e di esercizio. Ho viaggiato molto per affinare la mia tecnica, per aumentare l’affinità tra me e la mia forza magica. È quello che cerco di insegnare anche a voi. Ah, non si preoccupi se ha versato del tè.
Ho scoperto che abbiamo in comune alcune cose, riguardo a Pozioni, ma sono faccende che non vi interessano. Si è accorta persino che avevo versato del tè per sbaglio nel piattino. No, dico, questa donna è fenomenale. Non perché mi ha messo E all’ultimo compito, ovviamente.
Lewis: Wow, io riesco ad inciampare nel comodino del dormitorio anche se è lì da sette anni. Ah… ah b-be’, ho altre qualità e… Di sicuro ha molta forza di volontà, non è da tutti rimboccarsi le maniche e imparare a vivere in modo… leggermente diverso, diciamo. Le faccio una domanda tecnica, per così dire, visto che riguarda anche una notizia che si è saputa di recente. Che ne pensa dei nuovi incantesimi a difesa del castello? Magari ha contribuito o qualcuno le ha chiesto consiglio? Stavolta possiamo sperare che vada tutto liscio? Almeno per qualche mese, poi io me ne vad… Coff.
Lysithea: Se vuole le insegno come fare a ricordarsi la disposizione dei mobili, ma mi rendo conto che spesso è un fattore genetico l’essere maldestri. Pensi che danno sarebbe stato se lo fossi stata io! Sì, ho contribuito anche io, con l’Incantesimo d’Allarme intorno alle mura del Castello. Così come hanno contribuito anche altri professori, Keaton, Spellman, e la maggior parte degli altri.
A questo punto ha preso una pausa bella lunga e non mi ci è voluta un’illuminazione per capire che era indecisa su quanto dirmi. Ho deciso di riportare per intero perché anche voi, stupide zucche vuote che non siete altro, lo sappiate. E niente allarmismi, il primo che entra urlando nel mio dormitorio lo trasfiguro in un riccio.
Lysithea: Vuole la verità, signorino Lewis? Non sono sicura che andrà comunque tutto liscio. Per quanto possiamo proteggerci, per quanto possiamo impegnarci, essere vigili, per quanti Auror mettiamo alle nostre porte, non credo che andrà tutto liscio neanche stavolta. Sono entrati in passato, e lo faranno ancora se vogliono, per quanto noi proviamo ad opporci. Ma lei non si preoccupi. Siamo preparati anche a quest’evenienza.
Lewis: Mmh, sarebbe stato troppo bello, no? Io spero che siano davvero tutti preparati, lo spero tanto. Le difese scattano in simultanea, sì? Non è che nei Sotterranei arrivano dopo? Sa, stiamo più in basso e… E alle torri pure arrivano subito?
Lysithea: Davvero, stia tranquillo. Non succederà niente di brutto a nessuno studente, Sotteranei o torri che siano. L’allarme parte ovunque, allo stesso volume, udibile da ogni parte del Castello.
È un allarme che parte ovunque, quindi se sentite qualcuno gridare, stridere, imprecare e compagnia bella, niente panico: sono gli Elfi Domestici in uscita libera o il gruppo dei Senza Testa che fa le prove per lo spettacolo di fine anno.
Lewis: Okay, le faccio solo un’ultima domanda, qualcosa di meno… opprimente, diciamo. Non credo che risponderà davvero, però io ci provo. Da quando è venuta ad insegnare qui ha sviluppato qualche preferenza? Qualche studente più partecipativo? O più brillante? O che apprezza di più perché la fa ridere?
Il mio pollice scatta ad indicare casualmente me stesso, tipo messaggi subliminali visivi. Di certo non l’ho influenzata grazie a questo. Lei, ancora una volta, non riesce a non sorridere. E di seguito lo ammette pure.
Lysithea: Invece penso proprio che le risponderò, con un’altra domanda, magari. In questi mesi, lei ha notato preferenze da parte mia? Ci sono molti studenti molto portati, ma questo non vuol dire che gli altri non lo siano. Il professor Spellman mi aveva fatto un quadro generale delle classi, e più o meno si sono rivelate veritiere, tranne qualche raro caso. Ritengo che lei sia un ottimo studente, signorino Lewis. Partecipativo, s’impegna molto, almeno nella mia materia. E sì, mi fa ridere più di altri. Se non c’è altro, magari è meglio che vada, così riesco a finire di correggere il suo compito.
Lewis: No, non mi sembra. È giusta e non regala niente a nessuno. Be’, studiare Incantesimi con lei è leggermente diverso rispetto a studiarli con lui.
Visto? VISTO? La faccio ridere, e senza bisogno che veda le mie orecchie. Ovviamente c’è da ammettere che tra fissare per due ore Spellman e fissare la Carmichael c’è una bella differenza, ed ognuno interpreti come vuole.
È stata gentile a rispondermi, io… lo apprezzo molto. La lascio al compito… Ah, quei due incanti invertiti… Sì be’, lo sa.
Ha strizzato l’occhiolino almeno due volte durante l’intervista. All’inizio ho pensato ad un tic, poi man mano che la conversazione andava avanti ho capito che era un modo per mettermi a mio agio e farmi capire che non ha particolari preconcetti su di me. Non credo sia solo perché non può vedermi. Penso piuttosto che sia vero che spesso chi nasce con qualcosa in meno è capace col tempo di sviluppare qualcosa in più, che magari la rende anche una persona migliore.
Sappiamo tutti com’è il colore verde. Lo sappiamo a tal punto da dargli un significato, quasi un’identità che poi resta lì attaccata e non si scolla neanche se interviene Merlino in persona. C’è invece chi non ha la benché minima idea di cosa corrisponda alla sola parola "verde", che sia un colore, un filo d’erba, una Casa di Hogwarts o il colorito di chi ha una crisi di vomito. Potrebbe sembrare una grave mancanza, una lacuna che rappresenta una menomazione in una vita normale. Forse in parte è così, e le soluzioni sono fare la lagna o adattarsi e andare avanti. Dall’altra, non poter vedere il verde, come non poter distinguere qualunque altra cosa, permette di fare una passo che non sottovaluterei: lasciar perdere il colore e badare solo a sentire le persone.
E poi, in fondo la vista non sempre basta. Chiedetelo alle armature del corridoio di Incantesimi, credo che almeno un paio di loro abbiano ancora l’impronta della mia faccia stampata sulla corazza. Ma sono grave io o qualcuno continua a spostarle?
Alfred Lewis