By Alcy | dicembre 2, 2008 - 9:11 pm - Posted in Dicembre 2064

Aspettando il Natale

Avete presente quei dolcetti che i Babbani sono soliti mettere vicino al caminetto la sera della vigilia di Natale? Servono per accogliere, assieme ad un buon bicchiere di latte caldo, quello che loro chiamano "Babbo Natale" e che porta loro tutti quei regali più o meno infiocchettati.
C’è chi ci mette il latte caldo, chi un bicchiere di Brandy, chi aggiunge pure una carota o un pezzo di sedano per le renne che trainano la slitta con i regali.
Chi in realtà sia la persona che si mangia veramente queste squisitezze durante la famosa notte, non sarò certo io a dirvelo. Però posso rivelarvi la ricetta che viene usata e svelarvi pure uno strano trucco Babbano.
Nel cucinare l’impasto, infatti, bisogna sempre avere l’accortezza di mescolare in senso orario. Girare nell’altro senso porta sfortuna per l’anno a venire.
Non è forte il parallelismo con alcune pozioni di noi maghi che prevedono un certo numero di rotazioni in senso orario o antiorario? Dev’essere stato qualche mago a mettere in giro la diceria che mescolare il composto in senso antiorario porti male o, forse, non è una diceria.


Ingredienti

Mince pies

Per la pasta:

  • 225 grammi di farina
  • 140 grammi di burro
  • acqua fredda

Per il ripieno:

  • 500 grammi di mele
  • 125 grammi di uva di Corinto
  • 125 grammi di uva sultanina
  • 35 grammi di uvetta bionda
  • 50 grammi di mandorle a filetti
  • 125 grammi di zucchero di canna
  • 125 grammi di sidro di mele (o pere)
  • Scorza grattugiata di un limone
  • Un cucchiaino di spezie miste (cannella, zenzero, chiodi di garofano e noce moscata)

Per guarnire:

  • zucchero a velo

Preparazione

Si prepara prima il ripieno mettendo dentro il calderone lo zucchero di canna assieme alle mele tagliate a cubetti, tutti i tipi di uvetta, le varie spezie, la scorza grattuggiata del limone e il sidro di mele.
Fate cuocere il tutto a fuoco lento, usando una fiamma bassa e mescolando di tanto intanto per evitare che il composto si attacchi al fondo del vostro paiolo. Se si asciuga troppo, durante la cottura, potete allungare il ripieno con dell’acqua o con altro sidro. Dopo circa una mezz’oretta vanno aggiunte le mandorle tagliuzzate. Quando il composto diventa abbastanza corposo e asciutto, all’incirca dopo 45 minuti da inizio cottura, potete spegnere il fuoco e mettere il calderone a raffreddare su delle pietre fredde.
Mentre il composto raffredda, si inizia a preparare la pasta.
Siccome questa parte della ricetta potrebbe lasciare delle tracce, sconsiglio di provare ad impastare il tutto in dormitorio, altrimenti i vostri compagni di stanza potrebbero lamentarsi. Non parlo per esperienza, cioè io volevo provarci ma sia Lizzie che Zoe mi hanno sconsigliato di usare il letto di Hevia come ripiano perché non a tutti piace avere della farina tra i capelli. Uno dei tavolini della vostra Sala Comune farà al caso vostro, in più potete sempre convincere quelli del primo anno ad aiutarvi con la promessa di qualcosa in cambio (basta non specificare cosa… devo ammettere che i Muldoon mi hanno suggerito proprio un’idea utile, io non ci avrei mai pensato).
Insomma, con l’aiuto di questi innocenti primini o meno, versate la farina sul tavolo cercando di formare una specie di montagnetta. Sul cucuzzolo versate il burro, ancora freddo, tagliato in tanti cubettini con l’aiuto di un Diffindo. Iniziate a mescolare il tutto usando le mani e unendo poca acqua fredda fino ad attenere un piccolo panetto di pasta molliccia.
Fate riposare la pasta in un luogo freddo. Con la temperatura che c’è adesso, basta avvolgere il tutto dentro un pezzo di stoffa da cucina e adagiarlo sul davanzale esterno di una delle finestre del castello per una quindicina di minuti.
Una volta che il ripieno e la pasta si sono raffreddati, stendete la pasta in una sfoglia molto sottile, aiutandovi con un matterello o la mazza di qualche battitore disordinato.
Ritagliate dei cerchi da questa pasta grandi all’incirca come il diametro più largo di una tazzina da caffè e tenete i vari ritagli.
Mettete ogni cerchio dentro dei contenitori in rame a forma di calderone (li trovate facilmente anche da Mielandia) e create i bordi schiacciando la pasta sia sul fondo che sui lati. Dentro ogni formina inserite tre cucchiaini di composto e chiudete il tutto con la pasta avanzata prima. Cuocete i vostri Mince pie con tre giri di Scaldo, lasciate raffreddare e poi cospargeteli di zucchero a velo.

Alcyone Webber

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By Lottie | - 5:56 pm - Posted in Dicembre 2064

Mali di stagione o stagione dei mali?

Certo, ormai la notizia è trapelata. Ormai, come un Guaritore piuttosto scocciato non ha mancato di commentare a riguardo, all’ospedale San Mungo non si curano più le malattie, piuttosto si cerca di placare l’isteria collettiva: i maghi arrivano da ogni dove in sala d’attesa, s’accampano fra le poltrone dell’accettazione e nessuno di loro si decide ad andare via, almeno fino a quando non viene ufficialmente assicurato loro che no, non sono in fin di vita e non sono nemmeno malati, nemmeno vagamente stati contagiati dal morbo della pericolosissima Spruzzolosi Beta. «Certo che no, anche perché non esiste!» geme dalla pergamena con lo stemma del San Mungo lo stesso guaritore, che m’ha gentilmente chiesto d’essere citato come anonimo. «Nel nome di Merlino, di Spruzzolosi ce n’è una e non vuol dire niente: chi ha studiato un minimo di Guarigione sa che nel Medioevo tutto quello che causava al mago o alla strega un’eruzione cutanea veniva immediatamente bollato come Spruzzolosi, sia che il paziente si fosse rovesciato addosso una pozione corrosiva, sia che questo avesse esagerato con la cioccolata!».

OspedaleEsterno dell’ospedale San Mungo

Eppure, da molte importanti testate, una delle quali addirittura curata dai tirocinanti di un ospedale irlandese, appena una settimana fa è stata riportata la storia di Jacob Killan, quarantaduenne cuoco di Glasgow e padre di una bambina di sette anni, caduto gravemente malato dopo quello che sembrava un banale raffreddore. «Emicrania, mal di gola» elenca la moglie, disperata, seduta accanto al capezzale del marito (ricoverato proprio al San Mungo, nel reparto “Morsi e punture”) «Scotta per la febbre, ma diceva di sentire freddo, all’inizio… Sta in queste condizioni da un paio di settimane, qui tutti mi dicono che servono accertamenti, ma lui sta sempre peggio e i Guaritori continuano a fargli contro incantesimi per non ho capito cosa… Parlano in quel modo tutto strano, fra di loro, mezzo in latino, poi…! E mio marito sta morendo, è sempre più debole, e qui nessuno fa niente, niente! Nessuno qui ci fa caso, al fatto che in faccia è tutto butterato, nessuno!». Secondo la signora Killan, e secondo il Guaritore Wender, il primo ad aver visitato Jacob, si tratterebbe di una variante della medievale Spruzzolosi, la malattia che, agli occhi dei non esperti perlomeno, “faceva venire le bolle in faccia” e che si distingueva dal Vaiolo di Drago perché in queste bolle non c’era secrezione; Wender, trentunenne, cogliendo l’analogia fra le “orride pustole” del paziente e la mancanza di liquido, si sente in grado di affermare con certezza che qui siamo davanti ad una variante dell’antica malattia, da lui chiamata Spruzzolosi Beta.
«Il caso del signor Killan è un banalissimo caso di morso da Doxy» scrive intanto l’anonimo Guaritore, calcando le parole sulla pergamena il più possibile. «Certo le sue condizioni sono gravi, ma è stata una fatalità: probabilmente quest’uomo era allergico al morso di questa creatura, così intollerante che adesso è stato ridotto in fin di vita… Certamente stiamo facendo tutto il possibile per salvarlo, ma in questo caso serve a poco quello che facciamo o non facciamo, bisogna aspettare le sue reazioni. Certamente,la moglie preferisce sognare una cura miracolosa per una malattia sconosciuta, visto che questa cura miracolosa si potrebbe trovare da un momento all’altro». Per contro, in queste due settimane sono stati segnalati altri due casi simili: il primo riguarda una ragazzina dodicenne di Londra, Caroline, il secondo un anziano musicista di Cambridge. Le condizioni dei due non sono disperate quanto quelle di Killan, ma entrambi sono attualmente ricoverati al San Mungo, la prima nel reparto “Lesioni da Incantesimo” e il secondo in quello per i “Batteri Magici”. «Dicono che a mia figlia abbiano scagliato una fattura» mormora attonito il padre della ragazzina, titolare di un negozio per il Quidditch a Diagon Alley, «però Caroline non ricorda assolutamente niente di tutto ciò, com’è possibile?». Per il signor Anton Smith, invece, l’ospedale parla di «bronchite trascurata e allergia alla pozione assunta», ma non sembra che le cure ricevute stiano aiutando l’uomo a superare la crisi.
In quanto non ancora chiarissimo quanto accaduto, ad ogni modo, tutti coloro che sono entrati in contatto con una di queste persone, al comparire di emicrania, o mal di gola, o febbre, o anche più semplicemente di nulla di tutto ciò, ritengono utile presentarsi al San Mungo e mettersi in fila per un controllo completo. Di recente, pare che questa consuetudine l’abbiano adottata anche le persone venute a contatto con le persone che sono state a contatto con i malati e così via: l’ospedale, quindi, secondo lo stesso Guaritore, somiglia più ad un centro per l’ascolto che ad una clinica.
«Vi esorto a presentarvi qui solo in caso di assoluta necessità» s’appella la direttrice dell’ospedale, Winnifred Wilbeforce, dalle pagine dei più importanti quotidiani. «Se volete salvare il signor Killan, infatti, sarebbe utile darci modo di compiere il nostro lavoro».
Con un grazie ad Elizabeth Wonders per l’aiuto con la raccolta di materiali,

Charlotte Midlee

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By Vincent Stars | dicembre 1, 2008 - 4:58 pm - Posted in Dicembre 2064
Era solamente per un pranzo!

Quant’è bello girovagare per Hogsmeade e poter apprender comunque qualcosa che arricchisca la tua cultura. Immaginatevi sotto la neve, tutti infreddoliti perché il mantello della divisa scolastica ha un bel buco proprio in direzione “cervicale”. Non vorreste rifugiarvi in un qualche luogo bello caldo, che possa anche accompagnare i vostri sensi ad un’estasi quasi innaturale? Beh, come faccio spesso io nei fine settimana, il luogo ideale dove rifugiarsi è Mielandia. Capita anche che alcune volte McHoney, il carissimo e vegliardo proprietario del negozio, si fermi a parlottare con te offrendoti un po’ di dolcetti, prima di perdersi a raccontare lunghi e lontani ricordi. Questa volta, dopo avermi regalato un pacchetto di Bolle Bollenti (visto che fa essere un assiduo frequentatore del negozietto?), mi ha praticamente costretto ad ascoltare una leggenda che ha come protagonista principale un dolce delizioso, che mangiamo ogni giorno.
« Vincent, siediti qui, dai. Ti racconto una bella storiella su un dolce che apprezzi particolarmente. Se non ti siedi, non ti vendo più un dolce, sappilo. »
Sicuramente l’effetto desiderato l’ha avuto, visto che mi sono deciso ad ascoltare quello che aveva da raccontarmi.

C’era una volta…
Una caramella Mou Un asinello, un bue, qualche agnello. Nessuno c’entra con la storia. Difatti erano solamente gli animali domestici del signor Moustafa, piccolo uomo gobbo, che portava sul viso dei lunghi baffi neri e cisposi. Molti raccontavano che, con questi due “prolungamenti” del viso, raschiasse il fondo del paiolo che usava come pentola per cucinare i suoi manicaretti. Eh sì, il caro Moustafa era uno chef francese (potete immaginare la mia espressione. I francesi inventano sempre cose buone!) con origini arabe, abbastanza conosciuto all’interno della comunità magica della sua epoca. Un giorno, precisamente il ventiquattro marzo, il nostro chef fu chiamato ad organizzare il pranzo per il compleanno del Ministro della Magia allora in carica. Per l’occasione Moustafa aveva predisposto un dolce particolare, degno di chiudere con successo il fastoso banchetto. Purtroppo sua moglie, presa da un attacco d’ansia, non riuscì più a reggere la tensione e urlando come una matta aumentò, con un tocco di bacchetta, la fiamma del paiolo ove cucinava a fuoco lento il dolce. Subito nell’aria si diffuse una sinistra puzza di bruciato che mandò completamente in tilt i due coniugi. La donna, ormai presa totalmente dal panico, scappò via dalla cucina, brandendo la scopa e volando lontano per far perdere le tracce e non essere perseguitata dagli Auror per tentato avvelenamento (che donna tragica!). Moustafa invece non si diede per vinto. Nonostante non fosse particolarmente abile con la bacchetta, cercò di salvare dall’impasto precedentemente lavorato la parte più tenera. Era una poltiglia molto simile al porridge con l’aggiunta di panna e miele (gli unici ingredienti ancora utilizzabili nell’intera cucina di Moustafa). Un impasto “dolce” inconsueto fu presentato agli invitati del Ministro, profumato anche con un pizzico di vaniglia. All’inizio le espressioni dei commensali non furono delle migliori, ma dopo aver mandato giù i primi bocconi, ecco che un fragoroso applauso accolse il piatto e, un istante dopo, andò a ruba. Un coro di lodi si levò unanime e gli ospiti chiesero al Ministro di conoscere il nome dell’autore di questo straordinario manicaretto. Moustafa si fece avanti, dicendo di non aver ancora attribuito nessun nome. Così il Ministro lo battezzò col soprannome che spesso usava per richiamare l’attenzione dello chef, Mou.
Questa è una delle tante leggende che si narrano sulla caramella Mou, ma è anche la più antica e verosimile.

« Così, Vincent, sai a chi chieder grazie per quello che mangi ogni giorno. Vincent? Ehi! Svegliati, pigrone. Che razza di rispetto è questo per un vecchio negoziante come me? Ah, i giovani d’oggi. »
Capitemi, l’odore dei dolci misto al caldo tepore del camino può far ammorbidire l’attenzione e la resistenza ai sogni, dando la possibilità di rivivere certe storie con un sorriso dolce e pregustando certe delizie.

Vincent Stars

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