Controeditoriale

di Seanna Hollins

Sì, viaggiare. Per quanto mi riguarda il mio viaggio è cominciato tre anni fa quando ho ricevuto quella famosa lettera da Hogwarts. Un viaggio che mi ha portato a conoscere un mondo che, fino ad allora, dal mio punto di vista, esisteva solo nelle favole che mi leggeva da piccola mia nonna prima di andare a dormire. Un viaggio, almeno quello in questa Scuola, che si concluderà solo fra quattro anni, quando, con mio grande terrore, dovrò anche io lasciarla.
Terrore, sì. Perché se è vero che Hogwarts mi sta dando tutti gli strumenti per conoscere e viaggiare, è anche vero che qui, più che là fuori, mi sento protetta e al sicuro. E questo nonostante Maledizioni varie, fantasmi che ti bloccano dentro un magazzino e scale che, se hai un equilibrio precario come il mio o prendono quel momento in cui gira male alle mie glicemie, rischiano di buttarti giù un giorno sì e l'altro pure, perché a loro piace cambiare.
Forse perché di natura sono poco incline a viaggiare o spostarmi, o anche ad esplorare – non sono proprio il tipo da “Thè nel deserto” – tanto per utilizzare il titolo di un film babbano del secolo scorso – che non ho mai fatto molto caso a quel cono d'ombra in quell'angolo di rampa di scale e non mi sono mai soffermata a parlare con i quadri per ascoltare o raccontare loro storie, o non mi sono mai fermata a guardare quel punto oltre la linea dell'orizzonte del Lago Nero. No, per la verità questo l'ho fatto, ma erano più che altro le montagne intorno a Hogwarts che si vedono dal Ponte Sospeso, e non era certo con il desiderio di andarmene via.
Forse un giorno, quando vivrò anche io il mio ultimo inverno in questa Scuola, anche io la vedrò come te, Merida, e avrò la stessa smania di andarmene via, ma per il momento Hogwarts per me è Casa – sì, con C maiuscola – è il mio punto fermo.
Però hai ragione quando dici che “L’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso”, perché questo viaggio qui a Hogwarts, oltre ad insegnarti tutti, o buona parte, gli incantesimi e le pozioni che possono servirti da base per il futuro, oltre a trasmetterti quella conoscenza che ti permetterà di confrontarti, si spera sempre in modo civile, con chi la pensa in modo diverso, sempre rispettando il pensiero altrui, ti cambia e ti fa crescere. Così della bambina timida e riservata che quasi non spiccicava parola e che faticava a farsi delle amicizie, ora, dopo tre anni di permanenza qui dentro, ritroviamo un'adolescente con le sue amicizie, le sue opinioni e che si permette di dire quello che pensa su un giornale, scolastico ma pur sempre un giornale, come questa Voce.
Perché anche questo è viaggiare, in fondo.

 

Vita da 2073

di Eric McConnell

Non ho mai scritto un articolo per il giornale scolastico e non credevo sarebbe mai successo, figurarsi. Non so né come iniziarlo né come finirlo, le uniche cose che so scrivere sono i testi delle mie canzoni certo. Appunto, meglio che per prima cosa mi presenti e vi dica un po’ in cosa consiste il mio lavoro, sembra un buon inizio. Mi chiamo Eric McConnell e sono un musicista, nello specifico sono un cantautore e un chitarrista e faccio parte degli Hobgoblins, una band pop-punk e punk-rock, dal 2064.
Ho iniziato la carriera da cantante, se così si può dire, entrando nel coro di Hogwarts a dodici anni, coro che consiglio di frequentare, mi ci hanno sbattuto fuori come punizione circa un anno e mezzo dopo, cosa che mi ha anche dato un incentivo in più per fondare la band a quattordici anni.
Ero un Grifondoro al castello, non credo serva dire molto di più. Se chiedete ai vostri fratelli maggiori o ai miei vecchi professori potranno dirvi che ero un idiota di primo ordine, di quelli che non si oppongono alle ingiustizie perché sono loro a crearle. Più che coraggioso ero insolente ed egocentrico, con quella voglia di rischio e pericolo che imponeva nove volte su dieci contro il regolamento scolastico. Con il tempo sono cambiato, dicono e spero abbiano ragione. Ma passiamo ad altro, che altrimenti prendete un brutto esempio. La band la ho fondata assieme agli stessi due amici che ne fanno parte tutt’ora: Phillip “Phil” Watson, bassista, e Joseph “Joe” Landon, batterista. Siamo sempre stati ottimi amici, nella buona e nella cattiva sorte. (Se ancora ci sono professori che ci hanno conosciuto tra quelle mura scusateci, tutti e tre.)
La band è cresciuta di anno in anno come anche le nostre capacità e la nostra bravura sono cresciute, non ho mai vantato risultati scolastici più che discreti ma almeno avevo talento musicale e mi bastava.
Quando siamo riusciti ad uscire dal castello eravamo decisi a sfondare, volontà che non è effettivamente semplice da realizzarsi però. La mia famiglia è sempre stata di parere contrario, per loro suonare non mi avrebbe portato da nessuna parte. Mi hanno sempre ripetuto e ripetuto cosa dovevo fare ma fortunatamente non ho mai dato loro retta. Io vi dico voi dovete essere quello che volete essere. Fate ciò che vi piace e che vi appassiona perché non c’è nulla di più bello che fare di una propria passione il proprio lavoro, e anche se sembra dura o impossibile ricordatevi: se ce la stanno facendo tre idioti come noi, a voi non potrà andare che meglio.
Ci sono voluti tre anni prima di rilasciare il primo album “The Anthem” nel 2070 ma dopo quel traguardo le cose sono andate sempre meglio. Abbiamo ottenuto sempre più richieste e dal maggio 2072 abbiamo un contratto con una modesta casa discografica di Diagon Alley, la Regents Records. Devo dire che essere apprezzati per la propria musica è davvero una gran bella sensazione, avere qualcuno che con piacere ti ascolta e che comprende magari il messaggio che cerchi di trasmettere ancora di più. Forse non siamo ancora così famosi da avere un numeroso e rumoroso seguito e magari non lo avremo mai però io non smetterò mai di suonare nemmeno se ad ascoltarmi ci dovesse essere una sola persona, oppure il mio gatto o nulla. Perché suonare, e cantare, è ciò che rende la mia vita una bella storia.
Il nuovo anno, l’appena iniziato 2073, si prospetta ricco di opportunità per la nostra band, non mancheranno i concerti e le serate e al più presto rilasceremo il nostro secondo album, non vi anticipo nient’altro. Vi ringrazio e spero di incontrarvi un giorno, magari ad un concerto che ne dite?