Vita da assistente

di Philibert Pheelan

Durante la mia prima permanenza ad Hogwarts non mi è mai capitato di scrivere per uno dei giornalini scolastici e non avrei mai nemmeno immaginato che un giorno mi sarei ritrovato a fare una cosa del genere. In effetti non avevo nemmeno il tempo di immaginare, ero troppo impegnato a studiare e fare i compiti assegnati dagli insegnanti dell'epoca e fidatevi se vi dico che quelli che voi studenti vi ritrovate oggi sono fin troppo buoni. Me compreso, ovvio. Forse sarebbe l'ora di chiudere le riviste e aprire i libri, anche se so che dicendo questo la signorina Lowenn mi vorrà molto male.
Dopo questa premessa è giunto il momento di parlare della vita da assistente, in particolare della mia vita da assistente. Sono cambiate molte cose da quando ho rimesso piede nel castello, per cui… da cosa potrei cominciare? Si potrebbe cominciare parlando della cosa più importante: lo stipendio. E' vero, i soldi non fanno la felicità, ma spesso aiutano. Diciamocelo, non è che noi poveri assistenti viviamo proprio nel lusso, se non avessimo vitto e alloggio compresi nel salario probabilmente ci ritroveremmo a chiedere la carità ad Hogsmeade ogni fine settimana. Ma da settembre ad oggi la cosa che più mi ha sconvolto è il ritrovarmi ogni giorno gli occhi di un'intera classe di studenti puntati addosso. O meglio, questo accade quando non dormono, dato che spesso sembrano essere sotto l’effetto di un Morféus. In certi momenti quasi mi fanno paura. In particolare i più piccoli, che non stanno fermi, corrono, saltano, urlano, sembra che la loro energia non finisca mai e spesso sono pure difficili da domare. Il mio incubo peggiore è che da un momento all'altro si ribellino e prendano in ostaggio uno dei miei poveri micetti. Proxima, Sirio, Ceti, Cygni, Andromedae state tranquilli, ci pensa papà a proteggervi.
Come per ogni cosa anche in questo lavoro esistono però i lati positivi di cui sicuramente non fanno parte gli antidepressivi. Prima di quest'anno non mi era mai capitato di insegnare e ho scoperto che per me è davvero una gioia, mi sento realizzato e appagato. Vedere che anni e anni di studio non sono stati buttati via e che la mia conoscenza viene sfruttata anche da altri è davvero piacevole. Un altro cambiamento piacevole c'è stato anche per il mio palato, è stato un piacere fare ritorno ai vecchi banchetti Hogwartsiani, anche se… che siano maledetti tutti gli elfi domestici, nel giro di quattro mesi penso di aver messo su almeno mezza dozzina di chili. Ho un ufficio tutto mio: positivo. I miei gatti rischiano la vita ogni giorno: negativo. Ho un'intera biblioteca a mia disposizione: positivo. Insomma, potrei stare qua ad analizzare i pro e i contro di questo lavoro per un'intera settimana, ma non penso che arriverei ad una conclusione, per cui hasta la vista gente.
p.s. Colgo l'occasione per ringraziare la professoressa Perringhton per avermi dato questa opportunità!

Controeditoriale

di Leroi Gordon

Nel momento in cui mi hanno chiesto di scrivere il controeditoriale, mi sono allarmato: come Tassorosso, non avrei mai potuto scrivere un controeditoriale degno della fama dei controeditoriali che mi hanno preceduto. Nomi illustri, con opinioni e stili di scrittura sfavillanti e in alcuni casi perfino innovativi. Certo ricorderete il controeditoriale scritto interamente in rima da Harriet Mayfair. Beh, se non ve lo ricordate, era il numero di Ottobre del 2067.
Giusto per farmi del male, sentendomi inadeguato al compito che mi è stato affidato, sono andato a rileggerlo tirandolo fuori dal nostro archivio. Per poco non attivavo un Protocollo di sicurezza n. 41 barrato: mi sono nascosto in tempo, prima che notassero che c'era stato uno spostamento di polvere. Hanno dato la colpa ad uno spiffero della nostra caverna… volevo dire redazione, e sono tutti tornati ai loro articoli. Per il senso di colpa, mi sono rifugiato nel baule, che – come dicono tutti – è il posto perfetto per concentrarsi in solitudine. E soprattutto per evitare i protocolli di sicurezza. Non che mi dispiaccia essere protetto dai Muldoon, mi fa sentire importante, ma inizio a temere per l'integrità strutturale del mio apparato scheletrico. Ora, all'interno della scatola magica, così buia e silenziosa, ho rinvenuto la copia dell'Eco di Gennaio. Penso vi fosse stata messa ad arte per suggerire la lettura di quello che scrive la concorrenza, perché un bravo giornalista non soltanto si informa ed indaga i fatti, ma deve anche essere in grado di contestare il proprio supposto avversario. D'altronde, un giornalista non pienamente informato rischia di farsi cogliere impreparato. Ciò ha acuito la mia convinzione di essere uno scribacchino mediocre, così, mancando di ispirazione e di un qualsiasi barlume di idea di come si scriva un controeditoriale, ho iniziato a leggere e la mia attenzione si è infine focalizzata sull'articolo di Frederic – la bocca della verità – Stevens. Mi è dispiaciuto molto, visto che sembra che mai come ora la Voce e l'Eco siano in rapporti di civile rassegnazione alla reciproca esistenza, pensare di dover metaforicamente riprendere in mano l'ascia di guerra e contestare quanto scritto in un articolo dell'Eco. Cioè, due caporedattori cercano di smorzare una certa rivalità intrinseca nella natura dei rispettivi giornali, in virtù anche di una relazione di amicizia, quand'ecco che puff! compare come materializzatosi un articolista affetto da iperglicemia che suggerisce che tutti quelli che scrivono per la Voce siano dei primitivi.
Obiezione, vostro onore! Io mi oppongo! Non siamo primitivi, siamo soltanto affetti da una cronica mancanza di sonno i cui sintomi sono qui elencati: capelli arruffati, occhiaie, "mono-sillabismo", andatura dinoccolata, passi pesanti, sguardo spento e bocca semiaperta. Posso comprendere che, in base a questa descrizione, possiamo essere fraintesi per dei cavernicoli, ma in genere non scriviamo gli articoli con una clava. A meno che non sia in corso un Protocollo di sicurezza Abbattimento Scarafaggi n. 40, che prevede l'uso di una mazza da battitore per tentare di allontanare (se dico spiaccicare Jackie mi uccide) le bestiole dalle pergamene, ecco. E non è vero che entrare nel mistico Baule equivalga a subire un terribile trauma psicologico! È un posto tranquillo, anche se mi è sembrato di sentire uno strano fruscio, un paio di volte, provenire dal buio… Quanto ai macabri rituali da tribù indigena delle isole caraibiche, con annesso cannibalismo, colori di guerra e strane urla di battaglia… non ho nulla da dire, a parte che forse dovremmo iniziare ad applicarne qualcuno sul serio, soprattutto le urla di battaglia: potrebbero dare quello sprint in più prima dell'uscita che non guasta mai. Che l'articolo sia stato scritto poi essenzialmente per lamentare un caso di sfruttamento, non posso dare a Frederic tutti i torti: immagino che avere un calo di zuccheri in alcuni momenti, ad esempio durante pozioni, possa essere fatale. Immaginate di svenire nel paiolo della pozione che state preparando perché non avevate abbastanza glucosio in circolo nel vostro sangue per mantenere le vostre funzioni vitali. È chiaro che la prima responsabilità andrebbe al vostro spacciatore di dolciumi, che non si è assicurato che voi ne aveste abbastanza.
Non ho idea di che cosa volessi fare con questo articolo, anche perché è chiaro che quello di Frederic non sembrava essere stato scritto per essere preso sul serio. Non era nemmeno poi così offensivo. Voglio dire, finire con una zeta in fronte è stato in rapporto forse più umiliante che essere dipinto come un cavernicolo, quindi direi che non ci sia niente di male nel fatto che l'Eco ci abbia un po' preso in giro. Che Merlino non voglia poi che la Voce e l'Eco perdano l'allenamento, nel pizzicarsi costantemente a vicenda. Quello che so, è che entrambi continueremo a fare del nostro meglio per dare a tutta Hogwarts l'informazione più variegata possibile.