CONTROEDITORIALE

Sulle sponde del Lago Nero, ho domandato attenzione per la vita. Tra le teche di un'aula poco frequentata, fiducia. Fuori dall'infermeria ho cercato di spronare al dialogo silente. E nel mio ufficio, talvolta, sono stato rimproverato per qualcosa da cui non posso prescindere neanche volendo: me stesso.
Sapete, non voglio far discorsi che iniziano con "quando avevo la vostra età" e finiscono con qualche lezione che si pensa gli adulti debbano dare per forza. Non sempre quello che ci si aspetta da qualcuno che ricopre un ruolo come la docenza è ciò che accade in realtà. Non sempre la vecchiaia – passandomi il termine – porta saggezza, anzi, talvolta è solo più facile che alcune crepe affiorino in superficie e si mescolino con i riflessi tremolanti di una candela. Stanno lì, sotto gli occhi di tutti, ma pur di non vedere quel che si dovrebbe, si continua a chiamare ogni cosa come esperienza o saggezza. Perché la saggezza non è qualcosa che va di pari passo con lo sterile vaneggiar di baratri ed abissi e l'esperienza non corrisponde sempre a rettitudine e libro delle risposte.
I Babbani sono soliti usare un detto: non si può scegliere il modo di morire. E nemmeno il giorno. Si può soltanto decidere come vivere. Ora. Ho sempre pensato che questo sia il modo migliore per percorrere la propria strada e per indicare un percorso anche agli altri, laddove ce ne sia bisogno. Perché, è vero, ci si augura sempre che quello sia un traguardo ben lontano da noi e dalle persone cui vogliamo bene, ma chi va per mare sa che cosa intendo, se pensa anche solo per un momento a quando la bonaccia si tramuta in tempesta perché il vento ha smesso di esser favorevole. E come lo capisci che il vento è cambiato? I miei studenti se lo staranno chiedendo, perché nelle nostre chiacchierate ci sono sempre tanti perché e mille ed una risposta.
Il vento cambia quando i tempi sono maturi, se domandate a qualche vecchio druido non vi dirà niente di meno enigmatico. Il vento cambia quando ti svegli nel tuo baldacchino e così di punto in bianco realizzi che magari devi dirlo, a quella biondina dai lunghissimi capelli, che non sei poi un Troll di montagna e le sue parole non hanno mancato la meta. Il vento cambia quando decidi che la tua strada è tortuosa e ci sarà chi non comprenderà quel che fai o perché, ma c'è un tempo per tutto, anche per la morte. Quando il vento cambia si ha sempre paura e ci si sente destabilizzati. Quel che andava in un verso potrebbe andare nella direzione esattamente opposta e ci si ritrova spaesati, volendo in fuga dal mondo. Reietti, perché i cambiamenti non sono mai compresi, all'inizio. Colpevoli, perché indissolubilmente ognuno è artefice del proprio destino e se ne assume le responsabilità, vorrei che questo messaggio vi fosse sempre chiaro ed imprescindibile.
Soprattutto, però, vorrei che da questo trafiletto che mi è stato concesso dalla Caporedattrice Hilary – non amo i cognomi, sono così impersonali e freddi – giunga a destinazione un semplice e diretto messaggio: quel che va fatto, va portato avanti. E' un credo personale che non ho intenzione di mettere da parte, né ora né mai. Morirei, per ciò che implica, anche se sono più propenso a credere che la morte non sia la nera signora che ci hanno sempre additato come rappresentazione iconografica, quanto un uomo dal passo leggero e la mente sgombra che arriva, lascia una carezza sul volto e cede il proprio calice avvelenato e chi gli siede accanto. Sarebbe un bel modo per andarsene, a stomaco pieno. Certo meglio di un'indigestione di Api Frizzole, per quanto siano da preferire. E per quanto queste righe vogliano in realtà augurare a tutti voi gli anni vissuti da Nicholas Flamel più altri cento. Ti voglio bene, Achernar.

ILLUDIAMOCI

Titolo drastico, ne sono consapevole. Si fa per scherzare – una persona normale scriverebbe questo, giusto per calmare quelli tra voi che già staranno lanciando occhiatacce all'articolo e per rimanere nel tema del mese… ma prima ancora di essere il Giorno dello Scherzo, il primo di Aprile è il mio compleanno, il mio giorno specialissimo, quindi decido io cosa scrivere o meno.
Sono uno scherzo della natura e decido io.
Dunque, dicevamo, si parla di illusioni, che sono diventate ormai il nostro pane quotidiano qui ad Hogwarts, nonché strumento di tortura preferito dai docenti. Ma che cos'è un'illusione, tanto per cominciare?
Si tratta di un incanto abbastanza complesso – che difatti appartiene al programma di Trasfigurazione dei corsi M.A.G.O. – atto a riprodurre attorno a noi ciò che la mente di chi lo casta contiene. A seconda dell'esperienza della strega o del mago e dell'energia magica utilizzata, un'illusione può sembrare tanto veritiera da ingannare i cinque sensi e – nel caso specifico delle nostre lezioni, ahimè – da risultare pericolosa per chi la vive, il quale può rimanere ferito o traumatizzato anche gravemente.
E questa era la definizione che ho ricopiato dal libro mattonoso che ho fregato a Davy (ciao confettino sei bellissimo, ma ora devo tornare a scrivere cose cattive!) Sono consapevole che, se mi fermassi a scopiazzare cose, l'articolo non avrebbe molto senso, giusto? Passiamo allora al secondo punto: quali pro e contro hanno le illusioni se utilizzate come strumento per insegnare la magia a degli studenti al 90% minorenni?
L'opinione comune sostiene che ricreare un ambiente diverso che non sia la solita aula polverosa con i banchi tarlati e la puzza di bestiole (qualcuno dovrebbe spazzare l'aula di Trasfigurazione ogni tanto, ma seriamente!) renda la lezione più avvincente e stimoli la concentrazione degli studenti; allora, siamo onesti e usiamo termini corretti: questo metodo costringe gli studenti a prestare attenzione a quello che li circonda, visto che da ogni cespuglio spuntato dal nulla potrebbe arrivare qualsiasi creatura pronta a colpirli!
A tal proposito, arriviamo subito al primo e più importante punto negativo nell'utilizzo delle illusioni. Professori, assistenti, chiunque sieda dietro una cattedra, mi rivolgo a voi:… ma seriamente, la fantasia la lasciate sul cuscino la mattina? Perché non importa quanto strani o fantastici siano i paesaggi che create, che gli argomenti trattati varino da lezione a lezione, da materia a materia: la solfa è sempre la stessa! Ormai siamo talmente abituati a questo schema di lezioni che ci viene naturale estrarre la bacchetta e stare in guardia quando varchiamo la porta dell'aula e non troviamo la mobilia al suo posto…
Fin qui poco male, direte voi, perché un simile “allenamento” ci insegna ad essere sempre pronti, in qualsiasi situazione. Eppure io mi chiedo ( e magari dovreste anche voi): è giusto insegnarci che dietro ogni angolo si nasconde un pericolo, che ogni creatura che incontriamo ha come unico scopo nella vita quello di sbudellarci e cucinarci per cena? Ecco uno dei più grandi e noiosi difetti della natura umana: pensano di essere sempre al centro dell'universo, che tutto ruoti attorno a loro, che chiunque si trovi sulla loro strada possa essere o qualcuno da sfruttare per trarne beneficio o qualcuno da uccidere a vista, perché pericoloso.
Io sarò anche una quattordicenne che parla tanto e pensa poco, ma anche voi… vi siete mai fermati a riflettere per un momento, per un millisecondo del vostro prezioso tempo, che quella che avete davanti è solo una creatura che voleva tornarsene a casa indisturbata e concludere la sua giornata in pace? Che l'essere che avete incontrato pensa a tutto fuorché a voi? Che quel branco di lupi mannari si è trovato un gruppo di umani urlanti nel proprio territorio e si è spaventato più di quanto voi vi sareste mai spaventati, attaccando di conseguenza, com'era del resto naturale? Forse il problema allora è l'inverso, rispetto a quello che dicevo prima: non tanto la mancanza di fantasia dei professori, quanto forse l'eccesso della stessa, che porta a creare balle di una stupidità indescrivibile!
Ma tornando a noi… si parlava di illusioni, dunque.
Ci illudiamo di ricevere un'istruzione imparziale e completa, in un sistema che ti insegna a conoscere e a prenderti cura delle creature magiche alle otto del mattino e poi ti insegna come farle fuori dopo pranzo; ci illudiamo di vivere in una società in cui ormai i pregiudizi sono roba vecchia e l'integrazione di qualsiasi creatura, magica e non, è all'ordine del giorno.
Perché dovrei prendermela, in fondo? A tutti, me compresa, piace vivere nelle illusioni, che rendono la vita decisamente più facile da sopportare: ci piace pensare che siamo al sicuro in questo castello, che abbiamo amici veri su cui contare, sempre, che qualsiasi cosa facciamo avremo sempre qualcuno che ci vorrà bene per quello che siamo, qualcuno da cui tornare la sera dopo una giornata di cacca.
E allora illudiamoci ancora una volta, scacciamo via tutti questi pensieracci cattivi che quella scema della Lindström ha tirato fuori con scherzi di pessimo gusto questo primo di Aprile; illudetevi e lasciate che queste mie poche righe cadano nel dimenticatoio o nel cestino della carta straccia.
Io, dal canto mio, comincio ad essere un po' stufa di credere alle illusioni…

Kane Lindström. 15 anni a giorni, una cascata di ricci rossi che siamo abituati a veder sfrecciare per i corridoi. Orgogliosa Grifondoro, coraggiosa ragazza amante del fuoco come quello che si vede lampeggiare nei suoi occhi quando si innervosisce o si esalta. Non le ho mai chiesto quali siano le sue intenzioni per il futuro, ma è certo che ci metterà il cuore come fa di solito. Ha tanto da dire e tanto da dimostrare, anche se nell’ultimo periodo la fiammella sembra essersi un po’ spenta. È dotata di una forza d’animo fuori dal comune e sono sicura che presto la rivedremo più in forma di prima.