C'era una volta la pace, la serenità e tante altre belle sensazioni di cui si è soliti riempire i romanzi d'appendice o le storielle da raccontare ai bambini la sera, mentre si prega che prendano sonno il prima possibile. Nei libri di Storia della Magia – la cui lettura sarebbe talvolta preferibile a quella di certi racconti – le cose non vanno proprio in questo stesso modo e di certo si è più avvezzi a leggere di teste che cadono, metaforicamente o meno, rovesci della cosiddetta medaglia e – soprattutto – Ministeri della Magia le cui fondamenta traballano. E' stato così ai tempi dell'Oscuro Signore, dell'ascesa del Sigillo di Fuoco e – ahimè, direbbe qualcuno – lo stesso accade anche in questi giorni, mentre i proclami degli Sciacalli annunciano l'arrivo di un nuovo ordine che spazzerà quanto di conosciuto esiste nella nostra Comunità Magica, per istituire un modo totalmente diverso di vivere il nostro tempo.
L'efficienza dimostrata in questi mesi dagli appartenenti a questa, come chiamarla, setta oscura, lasciano presagire che il nuovo ordine delle cose sarebbe di certo più certosino ed attento ad ogni possibile sfumatura, ma mi rendo conto che con queste parole rischio di scandalizzare i più piccoli o tutti i convinti sostenitori filo ministeriali che ancora non credono o si illudono che in fondo, con quanto successo al San Mungo una settimana fa e nel resto della Comunità Magica nell'ultimo mese, il signor Ministro della Magia non potesse far nulla più di quello che non è stato fatto.
La libertà di espressione e parola mi consente di dissentire da chi cerca di salvare il non salvabile che gira attorno al palazzo governativo londinese, ma a differenza di qualcuno che evidentemente riesce a dar libero sfogo ad ugola o piuma solo per partito preso, mi faccio forza di quelli che sono semplici fatti capitati sotto gli occhi di tutti, praticamente, lasciando a voi lettori il giudizio finale su quello che sta succedendo nella nostra carissima Comunità Magica. Vi chiedo solo di cercare di immedesimarvi in quel che scrivo ed in come lo scrivo, prima di additarmi come ragazzino che ancora deve conoscere il mondo.
C'è caldo, oggi, al San Mungo. La mamma continua a dire che devo cercare di trattenermi, magari provare a saltellare prima su un piede e poi sull'altro. Magari così mi passa. Io lo so che non è colpa di quella Spruzzalitosi, lo sfogo che ho. Ho mangiato le fragole, anche se mi fanno venire un prurito peggio di quando metto il maglione che mi ha regalato la nonna per Natale. Non gliel'ho detto, sennò finisco in punizione da qui a quando sarò pronto per andare ad Hogwarts come Betty. Spingono – ma quand'è il nostro turno? – ed il mago alla mia destra puzza di tabacco e naftalina. O come si chiama quella roba babbana che usano per conservare i vestiti. Wow, grinzafico! Finalmente qualcuno ha messo in funzione la radio… o forse no. Mamma, si è liberato un posto a sedere, che bello. O forse… no. C'è silenzio, ma come quello che si sente d'inverno – a casa – quando il lago ghiaccia ed il nonno giura che tutto quello che diciamo si sente fino in Irlanda. Quel silenzio che non è tale, ma solo il lungo tendersi di una goccia d'acqua verso il basso. Ancora e ancora fino a che – plop – si rompe. Mamma, mi fa male la mano. Mamma, perché mi stai spingendo via? Oh. Urlano. Tutti. Gridano e corrono, ma non c'è spazio. La mamma mi copre con il suo mantello, ma i piedi li vedo e sono tanti. Una mano. Mamma, la signora è caduta, non la aiutiamo? Oh. Qualcuno vicino a me sta pregando, magari funziona così per farsi assistere prima degli altri. Ora ci provo anch'io. Mi dicono sempre che i bravi maghi le bugie non le dicono, ma a me ogni tanto qualcuna scappa. Se ammetto di aver rotto io il vaso di fiori posso andare a casa prima? Piangono. Ed urlano ancora. Forse non è proprio così che funziona. Ho paura. Le fragole, le fragole. Le. Fragole. Scusa. Non lo faccio più. Davvero. Non ho niente, mamma, andiamo via. Per favore. Sssh. Provo a spostare il mantello. Ssshh. Quella bambina dai boccoli rossi non smette di piangere e tirar su con il naso. E poi… oh. Oh. Quelli son brutti. La faccia, mamma, guarda la faccia. Va bene, sto zitto. Torno sotto il mantello. Il buio a volte fa meno paura della luce del giorno. Mamma?
Ci sono ventitrè storie diverse che reclamano una spiegazione. Ventitrè. Guaritori che esercitavano la loro professione. Semplici membri di questa Comunità Magica. Senza dubbio la colpa è degli Sciacalli. Sicuramente il braccio che reggeva le bacchette mentre la pelle altrui si lacerava o disidratava sotto l'influsso di incantesimi oscuri, appartiene a loro. Al Ministero, invece, cosa dovrebbe spettare? Un grazie perché il numero delle vittime non è stato più alto? Un plauso perché UNO Sciacallo è – forse – stato catturato?
Grazie… no.

Cedrick Bramwen. Meglio noto come il Selfish, il quintino Serpeverde male amalgamato con il mondo che lo circonda, vive di una strana forma di opposti, secondo la testimonianza di alcuni coetanei che preferiscono restare anonimi. Estremi che ce lo hanno fatto conoscere come un Jobberknoll in piena salute quanto a parlantina ed un Ippogrifo fiero ed altezzoso come comportamento e visione del mondo. Se fosse un detto babbano lo si potrebbe definire come ogni riccio un capriccio, ma considerando che è un purista del lignaggio magico – per la gioia dei verde-argento più radicati – è più comunemente associabile ad un detto tipico dei maghi: uno Shadem per capello. E capelli ne possiede abbastanza da non temere una calvizie precoce. Arriva a La Voce dopo una lunga ed attenta militanza tra i lettori del giornale, studiando il modo di fare e scrivere di ogni scribacchino con appunti nascosti probabilmente nelle folte sopracciglia che si ritrova.