Cronaca di un pranzo alternativo

È stato più bello di andare ad una lezione di Incantesimi con quel bel pezzo di Ippogrifo del nostro assistente. Non è una cosa che mi vedrete scrivere spesso, ma è stato stupendo. Un pranzo con i fiocchi in tutto e per tutto. E non solo perché c'erano un sacco di dolci a forma di fiocco, chiaramente. Volete un resoconto completo, dettagliato e succulento? Bene! Partiamo dall'inizio! Ai volantini pubblicitari svolazzanti per tutta Hogsmeade ha risposto un numero consistente di Maghi e Streghe, di sicuro superiore alle aspettative degli organizzatori dell'evento stesso. La location del pranzo, infatti, è stata cambiata più volte proprio per via del numero di persone che hanno risposto favorevolmente all'iniziativa. All'inizio doveva svolgersi tutto in una saletta nella Locanda di Madama Piediburro, ma dopo una settimana i biglietti erano già stati venduti tutti. Si è pensato quindi alla stanza più grande dei Tre manici di Scopa ma anche la successiva ristampa dei biglietti è stata esaurita. Ci sono volute varie proteste dai meno lesti nel fare la prenotazione al pranzo per convincere il comitato organizzatore a fare una seconda e una terza ristampa e a designare come location definitiva la stazione ferroviaria di Hogsmeade. I miei complimenti quindi per il signorino Bitterlich che è riuscito a vincere questi preziosi biglietti rispondendo al quesito del mese del nostro giornale.
Il fatto che questo pranzo di Natale fosse organizzato nell'atrio di una stazione ferroviaria è stato fonte di molte esclamazioni di sorpresa, ma anche di tantissime polemiche. Gli abitanti più conservatori del villaggio magico hanno più volte sottolineato la sconvenienza di fare un pranzo con così tanta gente, in un posto così chiassoso ma soprattutto poco tradizionale. Ma in generale, un pranzo in cui mangi completamente al buio perché hai gli occhi coperti da graziose bende nere ricamate d'oro… cos'ha di normale?
I commensali sono arrivati a scaglioni per via dei diversi mezzi di trasporto utilizzati. Questo ha permesso ai camerieri di spiegare dettagliatamente come si sarebbe svolto il pranzo. Per prima cosa ci hanno appunto consegnato delle strisce di stoffa in seta nera decorata con dei motivi natalizi, ci hanno aiutati a bendarci e poi ci hanno guidati ai tavoli. Ci hanno lasciato tenere la bacchetta ma ci è stato chiesto di non farne utilizzo durante il pranzo e a parte un tizio di cui so solo che aveva la voce burbera e un accento fortemente scozzese, tutti hanno accettato di buon grado di riporre le armi e di farsi accompagnare solamente dai quattro sensi restanti. Devo dire che mi ha lasciata piuttosto di stucco scoprire che non avrei mangiato di fianco alla mia famiglia. Infatti, seconda sorpresa, siamo stati sparpagliati nei vari tavoli e fatti accomodare di fianco a persone sconosciute. Anche questo ha levato un po' di proteste, io stessa ho cominciato a lagnarmi da brava Grifon… ma poi ho scoperto che i vicini di posto erano tutti miei coetanei e, devo ammetterlo, in un batter d'occhio eravamo già immersi in una gradevole conversazione, che è durata durante tutto il pranzo. Dopo una decina di minuti di battutine sono cominciate a comparire le pietanze nei piatti. Ok, eravamo bendati ma siamo sicuro che siano comparse sui piatti. Di certo non le hanno portate i camerieri perché non li abbiamo sentiti avvicinarsi al tavolo. Piuttosto, una certa Mary, mentre ci raccontava una storiella divertentissima sulla presunta relazione amorosa tra gli assistenti di difesa, si è scottata la mano appoggiandola su qualcosa di caldo presente sul suo piatto. E meno male! Così ci siamo accorti del cibo (sono comunque dispiaciutissima per lei, lo giuro). Gli antipasti in ordine sono stati: un tortino con ripieno di ragù di cinghiale alle erbe aromatiche accompagnato con una foglia di insalata brasiliana riempita di crema ai funghi; delle frittate di ortiche e dei crostini di pane caldo con salmone affumicato e burro. Anche le bevande erano ottime, tutte analcoliche… da noi. Abbiamo capito che agli altri tavoli non erano esattamente innocue dalle risate che via via sentivamo alzarsi dagli altri gruppi e ho capito il perché della suddivisione per età. Per i baffi di Merlino, perché ci sottovalutano così, anche noi siamo in grado di bere alcolici, no? Discriminazione a parte, i primi erano veramente superbi, il risotto di pere e formaggi ha battuto in bontà la tradizionale crema di carciofi e il pasticcio di radicchio e salsiccia. Ma di un soffio, era tutto buono. Devo ammettere che dopo un primo momento di assestamento siamo riusciti a gustarci il pranzo forse in modo ancora migliore, perché abbiamo annusato e assaporato le pietanze come mai avremmo fatto con gli occhi aperti. I secondi erano buonissimi però sinceramente oltre a dirvi che uno era guarnito con rucola e scaglie di grana e l'altro con una riduzione di aceto balsamico non vado. Ci siamo imbottiti di ogni genere di contorno a portata di mano arrivando a trovare difficile distinguere le pietanze. Al termine di tantissime portate di carne e pesce, ci hanno portato anche un sorbetto al mandarino per digerire il tutto. Sì come se bastasse un bicchierino.
Comunque ridendo e mangiando è arrivato il momento del dolce. Ci è stato detto di alzarci in piedi e di togliere le bende e… che meraviglia. Con le panche fatte sparire e i tavoli apparecchiati a buffet abbiamo potutto abbuffarci di dolci finalmente guardandoci in faccia. E che ridere! Molti di noi erano sporchi ovunque, il mio dirimpettaio aveva delle tracce di pomodoro persino sugli occhiali. Alla fine di tutto ci è stato concesso di utilizzare le bacchette e con degli incanti appariscenti ci siamo sbizzarriti ad illuminare una Hogsmeade in cui ormai era calata la notte.
E' stato proprio un pranzo con il botto! Un'organizzazione splendida, dei piatti strepitosi e un nobile fine. Sì, ricordate le dieci monetine nominate nel biglietto? Sono andate in parte devolute all'Ospedale San Mungo, in particolare per le ricerche nell'ambito della vista. Ed il prossimo anno, cosa si inventeranno? Qualsiasi cosa sia io ci voglio essere, e voi?

Dorothy Milford