CONTROEDITORIALE DI ALEC HARRIS

Ho sempre guardato ai controeditoriali dei miei colleghi, fin dall’anno scorso, chiedendomi non tanto come si potesse scriverne uno, ma come si riuscisse a farlo quando in realtà non c’è davvero qualcosa per cui andare “contro” a quel che il Caporedattore scrive nel suo editoriale. Quando le tue idee sono molto simili alle sue, per esempio, o quando come in questo caso il pensiero comune non solo in redazione, ma in tutta la Scuola e la comunità magica, è quanto l’accaduto sull’Espresso di Hogwarts sia stato crudele, sbagliato, inaspettato. E su questo Hilary ha già detto tutto, e qualsiasi cosa io aggiungessi, non sarebbe che un ripetere inutile e poco interessante, per voi che leggerete questo numero. Oppure non farei che accrescere quell’ansia che si respira ovunque, dalle sale di ritrovo ai corridoi, persino all’aperto nei giardini. E mi sono detto: posso andare contro questo, nel mio piccolo. Non ho la pretesa di rassicurare nessuno su cosa succederà domani o tra un mese, non potrei farlo nemmeno volendo. Però posso raccontare ai più piccoli, che di Hogwarts forse stanno avendo niente più di un vago assaggio, quello che io conosco e ricordare ai miei compagni quello che Hogwarts è sempre stata, anche se al ritorno ci è sembrata irriconoscibile.
L’abbiamo sempre chiamata “casa”, perché lo è: passiamo e passeremo qui sette anni, ogni giorno, con le stesse persone e in ogni occasione. Ci saranno gli amici, i quasi-fratelli e le quasi-sorelle, le figure di riferimento (docenti e non); si condivideranno le risate, i litigi, le lacrime. Sembra tutto scontato, ma mai come ora mi rendo conto quanto ci sembri impossibile credere a questa normalità che sembra esserci stata tolta. Ma non è così. Hogwarts è molto più che il posto che ci accoglie a Settembre per lasciarci andare via mesi dopo, più del treno che viene preso d’assalto. Questa Scuola, questo luogo è sempre stato speranza, in tutti i significati che si può dare a questa parola: di avere un proprio posto, di avere accanto alcune delle persone più importanti, di trovare la propria strada. Hogwarts è futuro, per tutti noi, lo è stato per chiunque abbia messo piede nei corridoi in cui passiamo ogni giorno.
E so che non bastano due parole su un giornale scolastico per convincere chi ha visto cose orribili, specialmente chi è rimasto coinvolto sul treno. Non posso e non voglio dire “andrà tutto bene” con leggerezza, come se scriverlo fosse tutto ciò che serve a renderlo una verità assoluta. Ma una cosa che possiamo fare c’è, una cosa che tutti sappiamo e che possiamo assicurare ai più piccoli sapendo di non mentire c’è: tutto quello che avete visto, che avete passato, che stiamo passando… Hogwarts non è solo questo, la magia non è solo questo.
Dobbiamo crederci come lo hanno fatto il professor Oven e il professor Langdon. Hanno creduto nella magia e in tutti noi, e hanno dato la vita per questo. Da qui, ricominciamo.

Solo ora, nel silenzio del dormitorio, il mio cuore ha ripreso a battere normalmente. Non era esattamente questo ciò che mi aspettavo prima della partenza da King Cross, quando ho salutato i miei genitori da un finestrino del treno e che ho osservato fino a vederli divenire nient'altro che due puntini in lontananza sul binario 9 3\4. Lungo il viaggio in treno ho ricordato i racconti di mio padre, del suo smistamento, della vita nel castello e dell'atmosfera magica che lo permea dai più remoti sotterranei fino alla punta della torre di Astronomia. È bastato un istante, un esplosione, e tutto si è dissolto; urla, frastuoni, panico, la cruda realtà risveglia l'intero convoglio, succede tutto così in fretta, poi è solo silenzio. I più fortunati – tra cui anche io – che non hanno assistito con i loro occhi all'accaduto, si chiedono terrorizzati cosa sia successo, ben presto si fa luce. Arrivati ad Hogsmeade, trapelano le prime voci, si parla di assasinio, veniamo tranquillizzati, ma la situazione è troppo tragica, qualche primino sviene pure, a me poco manca. Nessuno riesce a darsi pace, nonostante i sette assassini con i volti da sciacallo se ne siano già andati. I più sconvolti giurano pure che le carrozze con cui partiamo da Hogsmeade siano trainate da cavalli alati, probabilmente sono ancora sotto shock. La cerimonia non c'è stata, dopo il toccante discorso della preside Wallace siamo stati smistati, senza applausi, cori e calorose strette di mano, sotto il cupo soffitto della Sala Grande. I ricordi di mio padre sono così lontani dalla realtà, così sbiaditi, si sono spenti nella mia testa come le candele della tutt'altro che accogliente Sala Grande. Siamo solo alla prima notte e già fatichiamo tutti a dormire, e neppure la Sala Comune sembra essere un posto sicuro. Il silenzio la fa da padrone e pure il Barone Sanguinario sembra rattristato dall'accaduto, nonostante sia meno pallido di molti studenti sbiancati dalla paura. La perdita della cerimonia e di tutti i festeggiamenti per me e per tutti gli altri primini è sicuramente una piccolezza se paragonata alla perdita, per tutta la comunità magica, di due onorevoli maghi che hanno perso la vita oggi sull'Hogwarts Express e dai quali non avrò modo di apprendere alunchè: il professor Octavius Oven e il professor Gabriel Langdon. Siamo tutti vicini alle famiglie ed ai feriti che torneranno al più presto ad Hogwarts dopo qualche giorno al San Mungo. La sorveglianza è stata intensificata così come le misure di sicurezza magica, non si respira affatto la magica sensazione che ho a lungo sognato prima di partire; c'è aria di guerra, nonostante ancora non si conosca il nemico dal momento che l'attacco non è ancora stato rivendicato da alcuna setta o organizzazione, ma si è certi che il nemico è armato fino ai denti e vuole far capire che non va sottovalutato e che non ha alcuno scrupolo. Le domande adesso sono molteplici: colpiranno ancora e dove? Hogwarts è un posto sicuro? Attualmente non abbiamo risposte, ma il Ministero sta dispiegando un notevole numero di Auror per far fronte ad eventuali nuovi attacchi e per garantire, nei limiti del possibile, un anno scolastico tranquillo e senza più intoppi. Come ha ricordato nel suo discorso la preside Wallace, è in casi come questi che l'unione fa la forza, in primo luogo tra la mura amiche della propria Sala Comune, ma anche e soprattutto tra diverse casate, senza dimenticarsi però della sana competizione per la Coppa delle Case o il Campionato scolastico di Quidditch. Colgo dunque l'occasione per auguare a tutti un felice, si spera, anno scolastico e spero che potrete leggere ancora articoli da me firmati proprio qui su La Voce degli Studenti.

Keaton Llywelyn, primo anno, Serpeverde. Dubliner e Irlandese DOC, fortunatamente non scrive con l'accento che lo caratterizza, quelle rare volte che parla. Scricciolo biondino e palliduccio, ha un gatto nero che gli fa da ombra e si acciambella ovunque, pure sopra le pergamene della scrivania in Redazione! Ultimo acquisto de La Voce, con i suoi 11 anni abbassa notevolmente l'età media degli scribacchini. Si aggiunge alla ciurma fin da subito e, armata la mancina di una piuma ben inchiostrata, si ritaglia uno spazio sul mensile scolastico. Entra a far parte della redazione seguendo le orme del padre e per potersi esprimere come meglio di riesce: scrivendo. Visto che spesso non caccia una parola si spera che si possa formare al meglio fin da giovane, come nuova generazione promettente.