Qualche giorno fa a Londra, in un mercatino dell’usato, ho comprato un libro, tra le cui pagine ho trovato due pergamene sbiadite. Dopo averle lette attentamente, le ripropongo qui a voi lettori. Questa non è una storia di magia, ma una storia mistica che merita di essere narrata.

Elheonor Moore

 

Era inverno. No, autunno, le foglie ancora gialle a colorare quel mondo dimenticato. Là, alle pendici dei “Monti della Discordia”, in una piccola caverna scavata nella roccia da chissà chi o chissà cosa, abitava Usur. Abitava… non è esatto: i miei ricordi sono concentrati su quella luce che vidi lì accanto a lui, un giorno, e i particolari del resto svaniscono.
Lui, Usur, si aggirava per quei luoghi assieme al suo Spettro, un lupo. Non aveva una casa, in quella caverna si stava solo riposando il giorno che lo incontrai. “Perché «della discordia»?” Nemmeno gli chiesi chi lui fosse, non mi importava: nemmeno io allora sapevo chi ero. Non mi rispose; guardò il lupo e lo vidi parlare come a dare a lui la risposta alla mia domanda. Come se io non esistessi, come se non mi vedesse.
Però restai. Non parlavo con lui e lui non si curava di me… ma lo sentivo parlare con il suo lupo, e tante delle cose che diceva divennero presto mie. Quello che mangiava lui, mangiavo anche io. Ma mai che mi rivolgesse la parola. Sembrava che in quel luogo vivesse solo lui, eppure non era vero.
La notte, disperata, guardavo in cielo e pregavo con le parole che ho sempre avuto nel cuore. Pregavo Zathael, il dio dell’Eterno Fuoco. “Perché sono così invisibile?”, unica cosa che ripetevo; a volte la urlavo, guardando Usur. Ma lui nulla… Toccavo gli alberi e ne sentivo la consistenza. Ero viva, dunque. E lui non era sordo né cieco, perché gli ululati del suo lupo li sentiva e lo fissava negli occhi quando gli parlava.
Il culto del dio Zathael è legato alle stagioni, e l’autunno è la stagione del Grande Fuoco. Sembra strano, ma quello che si sarebbe compiuto la sera in cui partii, senza più dire nulla a Usur, avrebbe arso per due giorni. La pioggia non sarebbe servita a spegnere il Fuoco Divino.
Partii, sì: era il mio scopo. In sogno, mesi prima, mi era stato detto di recarmi in un luogo ben preciso: ai Monti della Discordia, per il Grande Rito che si compiva una volta ogni dieci anni. Ero sola, ma questo non mi faceva paura: nella caverna c’erano Usur e Spettro, ma tanto non si curavano di me, quindi ero abituata a star sola.
Il secondo giorno di cammino lo vidi dietro di me. Mi voltai: era Usur. Guardava avanti, senza parlarmi o darmi un minimo segno che mi stesse seguendo, come se stesse viaggiando per conto suo; però era dietro di me. Mi seguiva.
Avevo una voce nell’orecchio che mi diceva dove andare, dove avrei trovato il luogo per il rito. Nelle mani stringevo il piccolo sacchetto con la cenere raccolta dieci anni prima nella stessa occasione. Avrei dovuto gettarla nelle fiamme al momento giusto, quello dell’eclissi totale di luna, due giorni dopo. Ero sicura di quelle informazioni, ma chi me le aveva date? Non lo scoprii mai e tuttora me lo domando.
Temevo che Usur cercasse il momento buono per rubarmi il sacchettino. Attraversavo il bosco, e lui dietro: un’ombra perenne, che però non mi inquietava. Sentivo quella presenza e ne ero felice: non ero più sola.
La notte prima del grande giorno ero appoggiata ad un albero, lì in quella radura, in quello spiazzo che la sera dopo avrebbe visto brillare il Grande Fuoco, ed ebbi una visione: il dio Zathael. Ne riconobbi la figura poiché Egli mi era venuto in sogno mesi prima. Provai a parlargli, ma non ci riuscii: fu Lui a parlarmi. “La Luna d’Autunno è pronta e ti attende”. Un soffio forte di vento mi fece svegliare; Usur era accanto a me e aveva in mano il sacchetto con la cenere. Ebbi un moto di rabbia: me lo stava rubando! Mi scagliai con tutta la mia forza contro di lui, ma come sempre non se ne curò, e io non riuscii a togliergli di mano quel sacchetto. All’improvviso, un’altra voce: “Continua la tua opera”… Mi bloccai; annuii, a chi non so, e cominciai a tagliare rami e a creare una pira per quella sera. Lo fece anche Usur; lo vedevo tenere in mano il sacchetto… Zathael lo aveva chiamato. Il lupo gli fu di nuovo accanto: come li invidiavo! Lui aveva qualcuno che lo ascoltava, io mi ero chiusa in quel disperato silenzio.
Venne la sera, e tutto era pronto. Pregai e sentii il calore di Zathael invadere le mie membra. Tornò la tranquillità; la luna si stava oscurando. Io avevo in mano una torcia, e anche Usur, accanto a me, ne aveva una. Accendemmo insieme la pira e dalle nostre bocche uscirono le stesse parole, la stessa invocazione. Non potevo crederci: anche lui un eletto di Zathael. Ma perché allora non l’avevo mai visto pregare? Nella mia mente si affollavano le domande, ma non ebbi mai nessuna risposta.
Quello che vedemmo fu spettacolare. Iniziò a piovere, ma le nostre parole risuonavano e il fuoco si alimentava scoppiettante. E fu il momento sacro: la luna era completamente nera, con un cerchio di luce intorno. Usur gettò le ceneri sul Fuoco e allora La vidi…
Una Fenice, maestosa e bellissima, si librò da quelle ceneri e volò sempre più in alto, fino a che non la perdemmo di vista. La paura si impossessò di noi, ma fu un attimo. Il Fuoco, non so come, si spense: ma guardai il cielo e rividi la Fenice… un insieme di stelle lucenti. Il cielo era libero, aveva smesso di piovere, la luna brillava di nuovo. La Fenice, da lassù, sembrava guardarci.
E la mano di Usur si posò sulla mia spalla…

 

Luna d’Autunno

 

Chi sarà questa Luna? Chissà…
E questa sarà una storia vera o una semplice invenzione di una mente che fantasticava? Non so se lo sapremo mai.