Macccciao bellezze dell’universo, stelle del firmamento, colore per queste uggiose giornate di novembre, calore che scalda dagli spifferi delle vecchie finestre del castello. Mie care lettrici, vi sono mancato? LettOri, suvvia, non sbuffate – so che lo state facendo, chi non vorrebbe una dedica simile? – le donne vanno adulate in ogni momento della giornata altrimenti potrebbero perdere la loro brillantezza. Avete presente i fiori in un vaso? Se non li innaffiate si ammosciano, se lo fate regolarmente sono costantemente rigogliosi, coloratissimi e profumatissimi. E le donne, d’altra parte, sono il più bel e raro fiore di tutti i tempi, e quindi va curato ed adulato, non smettete mai di farlo.
Il vostro amato scribacchino Michael vi aveva o no promesso un’analisi sugli abbandoni del Quidditch nel suo ultimo articolo? Ebbene, il sottoscritto mantiene sempre le sue promesse. Proseguiamo con ordine altrimenti il Vice perfettino qua – ciao Allen, tvb – dice che sono disordinato e che mi perdo in chiacchiere inutili.
In quest'ultimo periodo, purtroppo, abbiamo assistito a dei grandi abbandoni del Quidditch che, in un modo o nell'altro, hanno lasciato una faglia nelle varie squadre professionistiche, più o meno grande in base al giocatore in questione, naturalmente.
Io sono qui, oltre per rendere partecipe il mondo intero del mio immenso ed illimitato amore per Merida, per svelare un arcano, una domanda che molto probabilmente sarà lì a tornare e tornare e ritornare nelle vostre teste, proprio come il topolino enfatico che corre dentro la ruota. Perché si abbandona il Quidditch? Ahimè, c'è chi è costretto a farlo perché il fato ha voluto così, perché il disegno destinato per lei era un altro, c'è chi raggiunge un'età per la quale si deve appendere la scopa al chiodo – quando il fisico non è in grado di sopportare ulteriormente uno sforzo costante e non indifferente – invece c'è chi fa questa scelta volontariamente ed è in questi casi che ci si deve soffermare a chiedersi il motivo…ma partiamo dalle origini!
In linea generale – eccezion fatta per i giovani prodigi – i talent scout delle varie società di Quidditch professionistico dopo i canonici sette anni ad Hogwarts, a Beauxbatons o a Durmstrang, durante i quali hanno osservato le potenzialità del candidato, gli propongono un contratto che può essere più o meno accattivante. Quali sono le variabili per la proposta di contratto? Innanzitutto le potenzialità del candidato, molto banalmente, dopodiché dipende dalle necessità della squadra in questione che magari ha bisogno di un portiere e non di un cacciatore, ma anche da come la personalità del soggetto possa amalgamarsi con quelle degli altri componenti della squadra, cosa fondamentale quando si imposta un determinato profilo di gioco e di team. Il candidato X, a questo punto, vaglia tutte le possibilità, tutti i pro ed i contro dei vari contratti che ha ricevuto e ne sceglie uno, per così tanti motivi che rientrano anche nella sfera strettamente personale e di cui non sto qui a discutere altrimenti la mia donna mette il broncio per aver monopolizzato le pagine del giornale. Non credete anche voi che sia adorabile il suo broncetto? Se poi a questo aggiungesse anche lo sguardo infuocato come quello che mi hanno rivolto le donnine quando accidentalmente ho fatto irruzione nei loro spogliatoi – per puro cuor ed interesse di scribacchino, ovviamente – sarebbe al pari di un quadro idilliaco, una visione celestiale a cui tutti vorrebbero assistere, ne sono sicuro, ma…giù le zampacce, lei è solo mia.

Tornando a noi. Il candidato X sceglie la squadra in cui andare a giocare e da lì ha il via la sua strada da giocatore di Quidditch professionistico. MA, in ogni storia che si rispetti, c'è sempre un grosso ma. Nulla, infatti, vieta al candidato in questione di rifiutare tutte le offerte e dedicarsi anima e corpo – letteralmente – ad altro, che possa essere il suo sogno nel cassetto o l’attività di famiglia. Spesso, però, questo non succede e ci si avventura nel mondo dello sport prendendolo più come un hobby che un lavoro vero e proprio. Il motivo di questo? A parer mio il Merlino denaro, prima di ogni cosa. I giocatori di Quidditch professionistico vengono pagati fior di galeoni e spesso allo stipendio da contratto si aggiunge quello derivato da sponsor, pubblicità e servizi fotografici a cui devono sottoporsi. Si nota, quindi, che c’è un business incredibile dietro un semplice giocatore di Quidditch, pensate quanto possa essere facile guadagnare in questo modo per un giovane appena magato e, di conseguenza, quanta poca voglia abbia di dire di no alla proposta di una simile realtà.
Altro motivo potrebbe essere il non voler perdere quella frenesia, quell’adrenalina, quella botta di vita che solo le partite di Quidditch riescono a dare, quella bramosia di vincere, quel volere ottenere a tutti i costi la giusta sintonia fra sette persone possibilmente completamente diverse fra loro, quel voler primeggiare con un pubblico festante intorno che strilla all’unisono il tuo nome.
Infine c’è chi accetta solo perché non riesce a dir di no, magari per noia, pensando che in fin dei conti non ci sia niente di male nel continuare a rincorrere un boccino, colpire un bolide, scagliare o acciuffare una pluffa per qualche altro anno dopo quelli trascorsi a scuola e quindi accettano con una scrollatina di spalle.
Possiamo biasimare chi dice di sì per questi motivi? Personalmente potrei, vivo di sport e vedere simili situazioni mi dà una fitta al cuore – mai quanto quella che mi darebbe un rifiuto di Merida all’invito al ballo dell’Agrifoglio – ma un bravo Tassorosso, per Tosca, deve essere obiettivo ed onesto e magari situazioni simili fanno comodo a tutti.
Tutto questo porta, inevitabilmente, ad un momento della vita in cui si deve fare una scelta…si deve scegliere quanto lo sport valga la candela, quanto lo si voglia come parte integrante della propria vita o se è solo un suppellettile.
E’ quello che hanno fatto Sebastian Waleystock prima e Krystal James dopo, in fin dei conti, insieme a tanti altri giocatori. La James, settimane fa, ad una conferenza stampa ha rilasciato tutte le dichiarazioni del caso – che avrete trovato sul giornale specifico – per cui non sto qui a ripetermi. Nonostante la performance degna di ogni nota e lode avuta ai mondiali in Tibet, nulla è stato sufficiente a farle cambiare idea perché la carriera di Auror, nel suo cuore, resta evidentemente al primo posto. Ancora una volta chiedo, possiamo biasimarla? Oggettivamente no, soggettivamente da lettore e tifoso…sì. E’ stato un duro colpo vedere dopo tutti questi anni come i tifosi e chiunque abbia creduto in lei siano stati traditi, dopo i mondiali per di più, quando è stata chiamata a rappresentare la nostra nazionale. Il suo lavoro da Auror sarà più importante per la comunità, verissimo, ma brillerà ugualmente? E sarà ugualmente stimata per quello che ha fatto o l’ombra del tradimento oscurerà anche il modo con cui i maghi e le streghe la vedranno da Auror? Lo scopriremo presto, credo.

Scribacchino per La Voce di tanti anni fa, Caposcuola Grifondoro, giocatore di Quidditch e Maestro di Pozioni alla Clouny. L’abbandono del Quidditch di Sebastian Waleystock non è stato clamoroso né dispendioso – per lui, per la sua famiglia e per la società di cui faceva parte – come quello della James ma, alla luce di ciò, se i giornali non hanno ritenuto necessario indagare più di tanto ho pensato bene di farlo io…giusto qualche domanda, non di più.

1) Cosa ti ha spinto a mollare il Quidditch?

So che starò per dire una cosa per cui la maggior parte dei lettori vorrà uccidermi o direttamente bruciarmi al rogo. Ho mollato il Quidditch perché avevo ben altri sogni, altri desideri che non avevano nulla a che vedere con il lanciare una pluffa tra gli anelli a cavallo di una scopa. Era per lo più un hobby, un bellissimo passatempo che ha abbracciato tre anni della mia vita all'interno della squadra migliore del campionato inglese: i Montrose Magpies. Non rimpiango neanche un momento passato nella squadra, ma alla fine, quando sono cresciuto e ho visto la vita per quella che era e che si stava realizzando davanti ai miei occhi, ho scelto serenamente di mollare e continuare per la mia strada.

E qui mi sento di poter affermare di aver avuto ragione, avete anche la vostra testimonianza diretta.

2) Se potessi descrivere il Quidditch in tre parole, quali useresti?

Sicuramente la mia prima parola sarebbe: adrenalina. Entrare in campo prima di una partita è la cosa più emozionante e ansiolitica in assoluto. Un'emozione positiva che ti resta dentro, niente da fare! La seconda sarebbe "impegno". Per diventare qualcuno ci devi mettere qualcosa. Come in tutti gli ambiti: se vuoi riuscire, ti devi impegnare, altrimenti non varrà la pena fare niente. La terza parola che userei è: fortuna. Ci vuole fortuna per tutto, in poche parole. Ci vuole fortuna per il Quidditch, perché potresti essere il giocatore più bravo di tutti, ma non essere notato dagli allenatori nazionali. Oppure potresti non avere abbastanza sponsor ed essere relegato in una squadra non sufficientemente quotata per le tue abilità. Io ho avuto fortuna, ad esempio. Pur non meritandomelo, ho avuto la possibilità di essere un cacciatore professionista dei Montrose Magpies e lo dirò sempre con orgoglio!

Adrenalina, impegno e fortuna…da notare l’ordine. Non trascuratene l’importanza.

3) Qual è il tuo più bel ricordo legato al Quidditch?

Il mio più bel ricordo legato al Quidditch risale al mio quinto anno. Era soltanto un anno che giocavo in squadra, ero riserva cacciatore di Grifondoro ed avevo l'onore di giocare assieme a personalità quali il Capitano Gregor Darsel o Heathcliff Gordon, nel mio reparto cacciatori. Quell'anno Grifondoro andò fortissimo e avemmo l'onore di vincere la Coppa del Quidditch. Io partecipai all'ultima partita di campionato, tra incertezze ed una tecnica che non era ancora mia. Tra bolidi svolazzanti o la mia scopa beccata in un posto non troppo piacevole, riuscii persino a segnare e ebbi, forse per la prima volta, il rispetto all'interno del mio reparto, se non all'interno dell'intera squadra. Fu un'emozione unica: la prima vera vittoria, al di là della vittoria in sé e per sé, del Campionato.

Quando parlavo di coesione di squadra mi riferivo anche a questo, a quanto sia importante sentirsi considerato rispettato da tutta la squadra per dare il meglio di sé.

4) Cosa è/è stato il Quidditch per te?

Il Quidditch, per me, è il ricordo che mi lega ad Hogwarts ed, in parte, alla mia infanzia. Sono cresciuto assieme al Quidditch ed il mio corpo è cresciuto anche grazie ad esso. Il Quidditch ha un concetto intrinseco di famiglia: ti fa conoscere i tuoi compagni, ti insegna a giocarci in gruppo – almeno per quanto riguarda Cacciatori e Battitori – a fidarti di loro e ad affidare a loro, per quanto impossibile possa sembrare, la tua vita. Si tratta pur sempre di un gioco ad alta quota dove bolidi e pluffe sono all'ordine del giorno, dopotutto, per non parlare poi di tutte le capriole che devono fare i Cercatori per acchiappare il boccino o l'infinità di bolidi che si potrebbe beccare il Portiere, pur di toglierselo di mezzo!

E direi che a questo non ho proprio altro da aggiungere, niente da commentare, perché Sebastian ha già detto tutto.

Non sempre un distacco è semplice, ma quando tieni in conto ciò che ti ha dato, cosa ti ha fatto lasciare e cosa ti ha permesso di diventare, magari, non è stato così male. Ciò non vale per te Merida, non ti illudere eh.

Michael McCohen. Quintino tassorosso, scozzese, amante della vita in tutte le sue forme e misure ma soprattutto delle donne, dalle più piccole alle più grandi senza distinzione alcuna. Ritiene che siano la forza che permette al mondo di ruotare nel verso giusto e niente gli potrà mai far cambiare idea. La sua preferita, però, resterà Merida alla quale lascia tutti i giorni, sulla sua scrivania della Redazione, fiori freschi e cioccolatini ogni venerdì pomeriggio alle 17. Ama le materie teoriche che tutti considerano "out" come astronomia, storia della magia ma soprattutto divinazione. Non gli piace l'idea di usare la bacchetta – come dice a tutti – ma nessuno sa che il motivo di questo, in realtà, è il suo essere magonò. È convinto di avere il terzo occhio ma che il suo sia specializzato nel mondo dello sport ed in nient'altro…un occhio particolare, in tutti i sensi. Non conosce la sua madre biologica ma i suoi genitori adottivi non gli hanno mai fatto sentire questa mancanza. Vuole diventare un giornalista sportivo anche se il suo sogno più grande è fare il magi-cronista delle partite di quidditch.