Anche prima dei provvedimenti presi dal nostro Vicepreside, il professor McBryant, in Gran Bretagna il livello di istruzione a Hogwarts era considerato il più alto di tutte le scuole di magia – non che in Gran Bretagna ci siano altre scuole di magia e stregoneria al livello di Hogwarts, sia chiaro, al più è presente qualche rurale istituzione scolastica di primo livello nei villaggi irlandesi sconosciuti ai più, ma il Ministro della Magia ripete questo ogni volta che appare in pubblico e, se lo fa, sicuramente avrà i suoi motivi.
Ad ogni modo, certo un così alto livello di istruzione richiede adeguati sacrifici. Non è raro che noi studenti arriviamo alla fine del primo quadrimestre letteralmente sommersi da compiti in classe e interrogazioni ed esercitazioni pratiche; se nel biennio conclusivo la situazione vagamente migliora, in quanto con l’ aumentare dell’ impegno diminuisce per forza di cose il numero delle materie, mi sento tranquillamente in condizione di dire che i primi quattro anni (se affrontati con il dovuto impegno, certo) sono drammatici e per colmo di sventura sfociano pure in un quinto anno improponibile, quello dei G.U.F.O.
LibriSi dice che sia tutta questione di metodo di studio, certo. Secondo i professori e gli esperti del Ministero, allo studente si richiede un impegno medio: attenzione alle lezioni del mattino la maggior parte dei casi, compiti per il giorno dopo quasi sempre fatti, appunti ricopiati e messi in ordine entro la settimana. Facendo tutte queste cose puntualmente, si potrebbero avere buoni risultati e il tempo necessario per fare ciò che più ci piace. Perlomeno, questo dicono i manuali di didattica della magia dai tempi di Godric Grifondoro ad oggi (anzi, dal settecento ad oggi, visto che la didattica della magia fu messa per iscritto la prima volta da Amalia La Rossa, con l’ opera “Dell’ incerto e irto cammino del giovane in su per il monte della conoscenza”). Il problema è che Hogwarts non è un’ utopistica scuola di Magia e Stregoneria situata sull’ immaginaria isola di Sophia, né gli studenti che la frequentano sono i giovani Enrico e Cathy, come nel testo di La Rossa. A Hogwarts non sempre i professori sono i perfetti docenti immaginati nel 1769 da Amalia, ma esseri umani che, pur in buona fede, commettono sbagli: per esempio, compiti a sorpresa di Incantesimi il lunedì mattina o spiegazioni le ultime ore del venerdì pomeriggio. Né gli studenti sono sempre all’ altezza del brillante Enrico o della diligente Cathy: personalmente, pur avendo sempre studiato con impegno e cura, talvolta m’è capitato di non sapere come fronteggiare due compiti ed un’ interrogazione la stessa mattina. Li ho affrontati e superati, certo, senza nemmeno avere una GiraTempo, ma a che prezzo? Notti insonni, crisi isteriche, pozioni tranquillanti bevute nei giorni precedenti come succo di zucca…
Adesso che sono fra “i grandi” posso permettermi di osservare queste cose con un po’ di distacco. Ma credetemi, è veramente difficile rimanere distaccati quando ad una ragazzina di dodici anni vengono chiesti gli Incantesimi Rallegranti per il giorno dopo e lei, in biblioteca con l’ amica del cuore, viene da te con le lacrime agli occhi e ti chiede, visto che appunto sei grande, aiuto. Come fai a spiegarle che un incanto di solito non si impara in un pomeriggio e che, di solito, bisogna prepararlo con cura precedentemente? «Il professore c’ha detto che sennò non ce la fa a finire il programma di Storia della Magia» mi ha detto stamattina un ragazzino in biblioteca, secondo anno a dire troppo, e io sono rimasta turbata. Possibile che il professor McBryant, da insigne storico e grande intellettuale qual è, non si renda conto di come questa frenesia del finire programmi troppo articolati, questo far strozzare di superficiali conoscenze i ragazzini uccide la vera cultura? Umilmente, da queste pagine, propongo assieme ai nuovi cambiamenti scolastici una revisione dei programmi, affinché finalmente vengano adeguati a bambini e bambine reali, e non ad immaginari personaggi concepiti da – con tutto rispetto – una settecentesca poetessa che un bambino vero probabilmente non l’ ha visto mai, nemmeno da lontano.

Charlotte Midlee