CONTROEDITORIALE DI TOMMY O’FLYNN

Quando mi chiedono perché io faccia parte de La Voce, non so proprio che rispondere. Non conosco un quarto delle parole che Ivy ha scritto nel suo editoriale e, ne sono certo, non posso informarvi in modo corretto e critico su ciò che mi giunge alle orecchie. Non sono mai stato un patito dei passaparola o delle notizie da prima pagina, sono più un tipo da schedine e risultati delle partite. Ho qualche piccolo problema anche nell’accusare gli altri o nel commentare ciò che ho da offrirvi in maniera pungente (cosa che invece riesce meglio agli scozzesi, a quanto pare). Insomma, io alla fine alzo le spalle e dico che ormai ci sono dentro fino al collo, e nessuno si è mai lamentato della mia brutta faccia sul giornale. O, Merlino cane, almeno fino ad oggi non ne ho avuto notizia. Quando invece mi chiederanno perché io sia Vice Caporedattore di un giornale scolastico, che sia più strano accorpare il mio nome a “giornale” o “scolastico” è un dubbio più che lecito, risponderò che era la cosa più giusta da fare. Mica per tanto, ma mi sento di essere tutto ciò che non è Ivy Hevenge, un po’ la sua controparte imbecille che si fa strada a parolacce e belle immagini per rendere i suoi articoli meno pesanti. O più simpatici. O meno importanti. Ultimamente ho scritto a qualcuno che la gente non vuole conoscere i fatti in sé, ma preferisce dare un’occhiata a come vengano esposti, da chi, in che situazione e in quale luce vengano messi. È facile vedere una sola faccia del galeone, quella che ci fa più comodo. Quella che principalmente vorremmo fosse l’unica e vera faccia o quella che riconosciamo come tale perché viviamo con gli occhi chiusi. Così l’informazione diventa gossip, e in quanto tale non sarà inchiostro su pergamena, ma un insieme di vocette sottili e fastidiose alle spalle. Non sono il Vice Caporedattore che giudica, o sa dirvi quale delle due sia la cosa giusta, corretta, pulita. Gossip o informazione, malelingue o confessione. So che non mi infastidisce comunque, che mi arrivi via posta roba strana o che mi facciano passare per il fesso. Essere chiamato Troll, imbecille, poco di buono, inutile irlandese di provincia. Lo sono, lo sono sempre stato, e non smetterò di esserlo perché ho delle responsabilità più grandi di essere il capitano della squadra di Quidditch. O un settimino, un mago maggiorenne, uno che dovrebbe studiare per i MAGO. Responsabilità che sono decisamente più grandi di essere il Vice Caporedattore de La Voce degli Studenti. Chiunque abbia colto un minimo di indizi o di gossip potrebbe averlo già intuito da solo, e no, non userò questo spazio per smentirlo. Mi impegnerò a prendermi le mie responsabilità, mi impegnerò ad imprecare meno, studiare di più, informare meglio. Non sarò perfetto e non sarò sempre forbito e utile, ma sarò il migliore me che posso offrirvi. Non vogliatemene, bros e fragoline là fuori e qui dentro, per aver parlato di me in questa colonna. Non ho mai pensato fossero esclusivamente grami miei solo per il fatto che avendovi attorno per anni vi considero più vicini a me di quanto dovrebbero esserlo quelli col mio cognome; ne parlo qui, perché in qualche modo siete voi la mia famiglia. Se è quello che volete, parlatene, sparlatene, raccontatelo in giro, lanciate tronchi e fatemi un occhio nero. Parlo di me perché parlo di noi e quel Tommy coraggioso e perfetto che vorrei essere per me e per la persona che amo, per quelli a cui voglio bene, è un po’ la famiglia che mi piacerebbe avere intorno. È un po’ il modello di persona che a gennaio vorremmo essere tutti e di cui vorremmo circondarci per il resto dell’anno. Che poi magari non ci arriviamo ad essere la parte migliore di noi. Che poi magari sbagliamo tutto, continuiamo ad imprecare, iniziamo a far calare la media in Trasfigurazione e ce la prendiamo con La Voce se siamo venuti male in foto. Ruttiamo ancora a tavola e finiamo per essere i soliti imbecilli, nonostante le ottime premesse. Quella parte migliore magari nemmeno esiste, ma io voglio credere che almeno un po’, cercando di raggiungerla, riusciremo ad essere noi stessi. Me lo auguro da solo, e lo auguro a tutti noi.

Magia Oscura nelle placide campagne gallesi?

La piccola comunità magica di Capel Garmon, nel Galles non ha mai avuto popolarità, sebbene la sua storia affondi le radici nei tempi più remoti. A far indicare la località magica sulle mappe è sempre stata infatti solo la locale Capella  che i Babbani considerano una rovina, ma che i maghi e le streghe del luogo hanno utilizzato fino al secolo scorso probabilmente come ritrovo per rituali negromantici. O almeno questo è ciò che è sempre aleggiato nell’aria sebbene non vi siano mai stati reali ritrovamenti o fermi per utilizzo improprio della magia.
Questo perlomeno sino a sei mesi fa, ad occhio e croce, quando nella Cappella Garmon – da cui la località prende anche il nome – pare siano stati ritrovati due fogli di pergamena e strani segni tracciati sul pavimento di ciò che resta della chiesa di un tempo. Se la notizia è saltata fuori solo adesso a distanza di tempo, tuttavia, la ragione si trova nel fatto di cronaca legato a tale macabra scoperta che non ha avuto il risalto meritato all’epoca – complici i mezzi d’informazione impegnati a cercare di stanare gli Sciacalli da sotto i baldacchini d’Inghilterra – ma che necessariamente deve averne ora che il giovane Stephen Kirsby – mago trentenne che ha fatto la scoperta in questione – è deceduto al San Mungo in seguito a contatto con un manufatto maledetto.
Sono solito dire che la curiosità uccise il kneazle e di certo non inizierò a pensarla diversamente adesso che i fatti mi danno conferma, ma certi vasi non andrebbero scoperchiati – meglio sarebbe farlo fare agli altri, al massimo – e per i nascondigli dei Negromanti dovrebbe essere applicata la stessa regola non scritta, visto che il concetto di vita e morte, nel loro caso, non segue proprio la concezione dell’uomo pio, se capite cosa intendo. Pare che Kirsby – comunque – si sia casualmente, non sia mai che Godric ci fulmini trovato a frugare – leggasi: andare alla ricerca di reperti da piazzare sul mercato nero – nella Cappella in questione, rinvenendo due fogli di pergamena che, oltre ad andare distrutti al contatto (e ci sarebbe da capire perché) si sono rivelati anche intrisi di magia oscura con una maledizione da contatto che ha progressivamente fatto collassare tutti gli organi interni del malcapitato. Una cosuccia leggera per tenere lontani i ficcanaso, già. Le indagini ministeriali in tal senso – nel caos che c’era, c’è e secondo come vanno le elezioni ci sarà ancora – hanno scomodato direttamente l’intervento degli Hit Wizard, da quel che il Profeta ci ha fatto sapere mesi fa con un trafileto in sesta pagina, ma sembra che sia stato allertato anche l’Ufficio Misteri, sebbene nessuna notizia in merito sia stata confermata o smentita. Appare ben più certo, invece, che quel che è rimasto delle due pergamene in questione, rappresenti una stella a cinque punte inscritta in un cerchio – niente che vi suoni come nuovo, no? – ma con una figura umana stilizzata disegnata in modo che l’apice della stella – corrispondente alla testa umana disegnata – sia puntato verso il basso.
Un lascito degli Sciacalli? Prove tecniche di novelli aspiranti maghi oscuri? E perché il Ministero della Magia dovrebbe mantenere il riserbo se si trattasse di qualcosa di facilmente spiegabile?

Cedrick Bramwen. Meglio noto come il Selfish, il sestino Serpeverde male amalgamato con il mondo che lo circonda, vive di una strana forma di opposti, secondo la testimonianza di alcuni coetanei che preferiscono restare anonimi. Estremi che ce lo hanno fatto conoscere come un Jobberknoll in piena salute quanto a parlantina ed un Ippogrifo fiero ed altezzoso come comportamento e visione del mondo. Se fosse un detto babbano lo si potrebbe definire come ogni riccio un capriccio, ma considerando che è un purista del lignaggio magico – per la gioia dei verde-argento più radicati – è più comunemente associabile ad un detto tipico dei maghi: uno Shadem per capello. E capelli ne possiede abbastanza da non temere una calvizie precoce. Arrivato a La Voce l’anno scorso dopo una lunga ed attenta militanza tra i lettori del giornale che l’ha portato a studiare il modo di fare e scrivere di ogni scribacchino con appunti nascosti probabilmente nelle folte sopracciglia che si ritrova.