La piccola comunità magica di Capel Garmon, nel Galles non ha mai avuto popolarità, sebbene la sua storia affondi le radici nei tempi più remoti. A far indicare la località magica sulle mappe è sempre stata infatti solo la locale Capella che i Babbani considerano una rovina, ma che i maghi e le streghe del luogo hanno utilizzato fino al secolo scorso probabilmente come ritrovo per rituali negromantici. O almeno questo è ciò che è sempre aleggiato nell’aria sebbene non vi siano mai stati reali ritrovamenti o fermi per utilizzo improprio della magia.
Questo perlomeno sino a sei mesi fa, ad occhio e croce, quando nella Cappella Garmon – da cui la località prende anche il nome – pare siano stati ritrovati due fogli di pergamena e strani segni tracciati sul pavimento di ciò che resta della chiesa di un tempo. Se la notizia è saltata fuori solo adesso a distanza di tempo, tuttavia, la ragione si trova nel fatto di cronaca legato a tale macabra scoperta che non ha avuto il risalto meritato all’epoca – complici i mezzi d’informazione impegnati a cercare di stanare gli Sciacalli da sotto i baldacchini d’Inghilterra – ma che necessariamente deve averne ora che il giovane Stephen Kirsby – mago trentenne che ha fatto la scoperta in questione – è deceduto al San Mungo in seguito a contatto con un manufatto maledetto.
Sono solito dire che la curiosità uccise il kneazle e di certo non inizierò a pensarla diversamente adesso che i fatti mi danno conferma, ma certi vasi non andrebbero scoperchiati – meglio sarebbe farlo fare agli altri, al massimo – e per i nascondigli dei Negromanti dovrebbe essere applicata la stessa regola non scritta, visto che il concetto di vita e morte, nel loro caso, non segue proprio la concezione dell’uomo pio, se capite cosa intendo. Pare che Kirsby – comunque – si sia casualmente, non sia mai che Godric ci fulmini trovato a frugare – leggasi: andare alla ricerca di reperti da piazzare sul mercato nero – nella Cappella in questione, rinvenendo due fogli di pergamena che, oltre ad andare distrutti al contatto (e ci sarebbe da capire perché) si sono rivelati anche intrisi di magia oscura con una maledizione da contatto che ha progressivamente fatto collassare tutti gli organi interni del malcapitato. Una cosuccia leggera per tenere lontani i ficcanaso, già. Le indagini ministeriali in tal senso – nel caos che c’era, c’è e secondo come vanno le elezioni ci sarà ancora – hanno scomodato direttamente l’intervento degli Hit Wizard, da quel che il Profeta ci ha fatto sapere mesi fa con un trafileto in sesta pagina, ma sembra che sia stato allertato anche l’Ufficio Misteri, sebbene nessuna notizia in merito sia stata confermata o smentita. Appare ben più certo, invece, che quel che è rimasto delle due pergamene in questione, rappresenti una stella a cinque punte inscritta in un cerchio – niente che vi suoni come nuovo, no? – ma con una figura umana stilizzata disegnata in modo che l’apice della stella – corrispondente alla testa umana disegnata – sia puntato verso il basso.
Un lascito degli Sciacalli? Prove tecniche di novelli aspiranti maghi oscuri? E perché il Ministero della Magia dovrebbe mantenere il riserbo se si trattasse di qualcosa di facilmente spiegabile?
Cedrick Bramwen. Meglio noto come il Selfish, il sestino Serpeverde male amalgamato con il mondo che lo circonda, vive di una strana forma di opposti, secondo la testimonianza di alcuni coetanei che preferiscono restare anonimi. Estremi che ce lo hanno fatto conoscere come un Jobberknoll in piena salute quanto a parlantina ed un Ippogrifo fiero ed altezzoso come comportamento e visione del mondo. Se fosse un detto babbano lo si potrebbe definire come ogni riccio un capriccio, ma considerando che è un purista del lignaggio magico – per la gioia dei verde-argento più radicati – è più comunemente associabile ad un detto tipico dei maghi: uno Shadem per capello. E capelli ne possiede abbastanza da non temere una calvizie precoce. Arrivato a La Voce l’anno scorso dopo una lunga ed attenta militanza tra i lettori del giornale che l’ha portato a studiare il modo di fare e scrivere di ogni scribacchino con appunti nascosti probabilmente nelle folte sopracciglia che si ritrova.