Vita da magando

di Alicia Austen

Penso di parlare a nome di tutti i miei compagni di corso, comprese le numerose zucche vuote con cui sono costretta a frequentare le lezioni ogni giorno, i Babbanastri e i quarti di Troll, se dico che il ricordo dello Smistamento è ancora vivido nella mia testa come se tutto fosse successo solo ieri. Avevo quasi dodici anni e nessunissima voglia di passare i successivi sette con estranei, giorno e notte, lontana dalla mia Irlanda e dalla pace della mia vita precedente. Ma sapevo che stava per succedermi qualcosa di comune nella vita di ogni mio simile, e tuttavia di straordinario: avrei imparato a usare la magia. Credo che molti diano questa possibilità per scontata, poiché è garantita a tutti, e i voti indecenti di certi soggetti confermano la mia ipotesi. Fu un bel giorno, dopotutto: malgrado la presenza di tipi molesti, potei godere dell'immensa fortuna di essere Smistata nella Casa che fin da piccola avevo desiderato. Il momento dei M.A.G.O. mi sembrava così lontano…
Quando penso che ora è così vicino, quasi mi rifiuto di crederci. Ero abituata a camminare per i corridoi e a vedermi come una degli studenti più grossi alti della scuola, ma non come una dei più anziani. Mi chiedevo sempre cosa provassero quelli che stavano per andarsene, che un mese dopo non avrebbero mai più visto le mura del castello dall'interno. Non posso dire, adesso, di avere una risposta: non so se fosse esattamente quello che provo io in questi giorni; perché, mi sento di tranquillizzarvi in tal senso, la Legilimanzia non l'ho ancora imparata. Di una cosa, però, sono sicura: per quelli con il mio curriculum, la paura degli esami è giusto un filo impalpabile come un ricordo, che passa facilmente in secondo piano; per altri Magandi, con ogni probabilità, è il sentimento dominante.
Ma non so, e non saprò mai perché non ho intenzione di andare a chiedere in giro, se ognuno dei miei coetanei provi questa strana e indefinibile sensazione che mi fa osservare ogni singolo mattone, ogni singola armatura, ogni singola ragnatela di Hogwarts con sguardo diverso, come se volessi imprimere ogni dettaglio nella mia mente, rimpiangendo di non averlo fatto quando c'era ancora tanto tempo. Con la malinconica consapevolezza che potrei non rivedere mai più neanche un granello di polvere appartenente a questo castello. Ho desiderato, e desidero sempre, di abbracciare ogni singola statua più di quanto abbia mai desiderato abbracciare un essere umano. Non che ci voglia molto, eh, ma per rendere l'idea. No, non sperate di vedermi abbracciata alle statue, non farò mai una cosa così poco razionale in presenza di altri, umani o fantasmi che siano.
Dopo questo mio lungo blaterare, qualcuno si chiederà: «E dunque? Perché racconti tutto ciò? Avrei preferito sapere come trascorrano le loro giornate i Magandi, cosa succeda di diverso quando si arriva al temuto settimo.» Qualcun altro non se lo chiederà perché avrà già girato pagina sbadigliando, annoiato da uno sproloquio che difficilmente mi sentirete mai ripetere, e che sono già tentata di appallottolare e cestinare senza pietà: non lo faccio solo perché odio sprecare le pergamene.
Ma cosa volete che succeda di diverso, durante il settimo anno?
Come pensate che uno studente passi le sue giornate?
Facendo quello che ha sempre fatto per sette anni, teste di zucca! Chi ha sempre studiato, ora studia più che mai per garantirsi un futuro fuori da qui, che sia la prosecuzione degli studi o l'immediata ricerca di un impiego. Chi se n'è sempre fregato, continua per lo più a fregarsene e a passare i pomeriggi a sbaciucchiarsi in riva al Lago Nero o a improvvisare duelli di infimo livello nei corridoi, salvo improvvisi attacchi di panico notturni conseguenti all'immagine onirica (nonché probabile e meritata) di zero M.A.G.O. conseguiti. Dal punto di vista pratico, sappiate, o pollastri che pigolate aggressivi e gonfiate le penne per sentirvi grandi di fronte ai primini, che al settimo anno non troverete niente di diverso se non argomenti di studio più complicati, un carico di compiti mai visto prima, un bisogno spasmodico di Pozioni Aguzzaingegno -o di Felix Felicis, per meglio dire…- e cose così. Quello che cambierà è il modo in cui guarderete ogni aula in cui metterete piede, il professore che vi stava tanto antipatico (infatti non vi starà più antipatico: lo odierete proprio), il compagno di banco e/o vicino di letto di cui almeno una volta avrete desiderato non vedere la faccia per qualche giorno (Harriet, sappi che a me non è mai successo), o anche solo il cielo dalle torri o il lago dai Sotterranei. È il pensiero che di voi, qua dentro, potrebbe non restare traccia se non un fratellino pestifero o un qualche trofeo, per i più fortunati. È l'idea che non rivedrete più le stesse facce attorno a voi, il che in realtà sarebbe anche un sollievo, ma vi sembrerà quasi triste nei momenti più nostalgici. Non che io sia nostalgica, sia chiaro. La nostalgia si sente quando si è lontani, no? E io, purtroppo per qualcuno di voi, sono ancora qui a godermi i mesi che mi restano fino all'ultimo secondo.
A proposito, vi lascio con un consiglio: non aspettate il vostro ultimo anno per farvi un bagno nel Lago Nero verso la fine di giugno. È più inebriante di un volo sulla scopa. Soprattutto se vi becca un Avvincino, o meglio ancora la Piovra Gigante. La speranza è l'ultima a morire.

 

Controeditoriale

di Ivy Hevenge

Anche questo mese ci ritroviamo qui riuniti ad affrontare l'imperituro discorso, l'illimitata questione, l'eterna faccenda, l'infinita diatriba: La Voce degli Studenti vs l'Eco.
La mia Caporedattrice ha detto, giustamente, che questo mese ricorre il compleanno del nostro giornale e ha voluto tracciarne i confini fra questo e l'altro.
Sapete come la penso? Che è giusto che ci siano queste sostanziali differenze, è giusto che uno parli di un genere di cose ed uno di altre, è giusto che ad Hogwarts convivano entrambi perché vuol dire che gli studenti sono bramosi di notizie e di informazione, di qualunque entità e tipologia siano, purché siano affamati di qualcosa di sano come la lettura e che non sia fame da budino di zucca o torta ai mirtilli! Inoltre è giusto che il lettore possa avere ampia e libera scelta riguardo le proprie preferenze, anche in virtù del fatto che in certi casi si possa aver voglia di una lettura più, come dire, leggera, sia per diversità di soggetti in sé che di condizioni legate all'umore. Prendiamo Jackie, la Oppenheim…Per una come lei è più facile tentare un approccio culturale (sì, un articolo è pur sempre qualcosa di facente parte della cultura) con uno scritto del signorino Stevens piuttosto che con uno di Anne Burton, niente da togliere ad entrambi ovviamente. Prendiamo una giornataccia, ma proprio una terrificante giornata in cui qualcosa a cui si teneva particolarmente è andato storto; magari non si ha minimamente voglia di leggere un articolo di Cultura della Darcy, o del signorino Gordon o della sottoscritta ma si preferisce un articolo di gossip. E' vero, verissimo, è una scelta del tutto soggettiva e può anche non essere condivisibile, ma se è soggettiva in un senso deve necessariamente esserlo anche nell'altro.
Questa coesistenza o simbiosi (simbiosi [def]: Associazione fra due o più individui appartenenti a specie diverse, in modo che dalla vita in comune traggano vantaggio entrambi, ovvero uno solo ma senza danneggiare l'altro) che sia, fra i due giornali esiste un po' ovunque, anche nel giornalismo ad alto livello. Enchanted Express Wizarding Post e La Gazzetta del Profeta, si occupano tutti e tre di informazione, no? Ma ognuno di loro focalizza la propria attenzione su qualcosa di diverso che li caratterizza rispetto agli altri ma non per questo l'uno debba necessariamente danneggiare l'altro. La competitività, la sana competitività, non porta a niente di male ma solo a migliorarsi, il che è SEMPRE un bene, nascendo appunto dalla necessità di confronto; il problema sussiste quando si ricade nella ripetitività o, peggio ancora, nell'ossessività.
Le modalità di espressione possono essere diverse ma l'obiettivo è uguale per entrambe ed è quello di far informazione. Non importa poi tanto il modo ma l'esito. Per gli scribacchini dell'Eco la loro è informazione? Ok, vuol dire che se è così è perché c'è chi la ritiene tale e condivide leggendolo, altrimenti se non ci fossero lettori non esisterebbero neanche giornali e scribacchini, non trovate? Tralasciamo commenti del tutto personali su quanto possa essere più o meno stimolante aver a che fare con una modalità di espressione piuttosto che con un'altra, non è questo il punto, la scrittura nasce dalla libertà e necessità di espressione di ognuno di noi ed è giusto che, di conseguenza, anche la lettura lo sia, a tutti i livelli. Non condividere è un conto, disprezzare è un altro.
IL Giornale, I Giornali del castello… Ritengo che questa diatriba occupi troppo spazio in ambedue i giornali, oggigiorno. La coesistenza fra i due dimostra il fatto che c'è chi si interessa ad una linea piuttosto che ad un'altra, o perché no, anche ad entrambe, il che porterebbe a dover escludere ogni affermazione di unicità dell'Eco piuttosto che della Voce.
No mia somma Caporedattrice, il mio non è un pesce d'aprile posticipato, non preoccuparti e mi spiace confermarlo… le mie preferenze sono indirizzate verso il rispetto per il significato delle date.