IN LOVING MEMORY

Non è in questo modo o per una ragione simile che avrei voluto affacciarmi di nuovo tra le pagine de La Voce, ma allo stesso tempo mi sento onorato per esser stato chiamato in causa per ricordare Caterina Bragagni non solo per le sue imprese sportive, ma anche per la straordinaria donna che ha dimostrato di essere sin dal primo giorno in cui è arrivata nel Campionato di Lega Britannico-Irlandese fino all'ultimo quando, quest'estate, in lei è maturata la decisione forse più ardua della sua carriera: lasciare il Quidditch.

Caterina Bragagni non ha mai avuto un partner – nessuno che le sia mai stato affiancato, perlomeno – né una vera e propria famiglia al di fuori dei suoi allenamenti e del Quidditch, unico vero amore di un'esistenza che ha incrociato i cieli del Regno Unito sin da giovanissima età. Catapults, Tornados ed infine le Vespe, a Wimbourne, questa sono state le realtà con cui la Bragagni si è confrontata. Questi gli ambienti che, ne sono certo, di lei conserveranno sempre il ricordo di leader silenzioso da indiscusso capitano anche quando non ha avuto tale ruolo. Questo, infine, è ciò che ha reso alla nazionale italiana una guida con la "G" maiuscola, in grado di puntellare la storia della sua nazione di successi e vittorie, almeno sin quando la Bragagni ne ha fatto parte.
Due sorelle ed un fratello che frequenta ancora la Scuola di Magia al momento si stringono attorno al dolore dei genitori di una giocatrice professionista che non verrà mai ricordata solo per questo, ma anche per essere una persona gradevole, di buone maniere e per niente montata, come accade talvolta a chi pratica questo sport e raggiunge un pizzico di fama. Caterina Bragagni no. La sua vita, non espansiva e restia agli eventi mondani, ci ha dato l'esempio più grande di concretezza e serietà in un ambiente che – come spesso ci viene insegnato dai fatti – può cambiare orizzonte nel giro di un battito di ciglia. Lei non l'ha mai fatto. Ciao, Caterina.

P. Noreal

Nel momento in cui ho saputo della sua morte ho deciso di stracciare in mille pezzi l'articolo qui di seguito perché mi sembrava poco rispettoso nei suoi confronti scrivere di quidditch – e di quanto Merida sia splendida e rara come il sole in questo uggioso ottobre – come se tutto fosse intriso di gioia e felicità, come se non fosse successo nullo. Perché, no, non è valido niente di tutto ciò, non per il sottoscritto almeno e sono sicuro neanche per gli amanti di questo sport che staranno leggendo queste righe. Mi sono detto "è giusto farlo?" tante di quelle volte che ormai lo scrivo anche nei compiti di storia della magia in contesti totalmente sbagliati. E' la dura vita dello scribacchino, avere un chiodo fisso poi non aiuta. Ho provato a fare il disfattista ed a pensare “se morissi tragicamente vorrei che non si parlasse del mondo della sfero-cronaca sportiva in segno di rispetto?” e la mia risposta è stata no. Se la passione è reale e forte può farmi solo piacere se si continua a trattarla in un certo modo ed a permettere agli altri di leggerla in maniera piacevole permettendo anche ai più inconsapevoli di approcciarsi a quest’arte per cui, boccini d’oro!, dedico il mio frizzante articolo sui Mondiali di Quidditch del 2072 in Tibet alla sua prematura scomparsa, che tutti possano apprezzare il suo ed il mio mondo anche un pelino di quanto lo abbiamo apprezzato e continueremo ad apprezzarlo, in questa vita o nell’altra.

Lo storico stadio Avalokiteśvara ha ospitato l’evento ma, indipendentemente dallo stadio, è necessario analizzare l’ambient in cui si svolgono i mondali. Il Tibet è situato su un altopiano di quasi 5000 metri, il più alto altopiano del mondo, per cui il clima non può che essere rigido e ventoso. Ringraziando Tosca sono state inventate le divise autoriscaldanti e gli incanti per il problema freddo e pioggia ma si sa che in volo è fondamentale il vento, il controllo di questo e la sua impeccabile conoscenza e da qui le nazioni con caratteristiche meteo più vicine a quelle del Tibet avranno vita facile. Oh, certo, non dimentichiamo l’ossigenazione. Più in alto si va più la quantità di ossigeno viene a mancare e non è qualcosa a cui il corpo dei normali giocatori – a meno che non si allenino sulle montagne di 5000 metri o non siano tibetani – è abituato, tendendo ad avere un freno nei riflessi ed in velocità. Tipo, io che guardando Merida sto a tre metri sopra il cielo, perdo l’equilibrio, non respiro bene, sono un bradipo…ed il mio corpo sta lì da anni ma ancora non si è abituato, figuriamoci dei giocatori che hanno determinate necessità, necessità di cui io al momento non dispongo purtroppo. Se posso essere sincero, però, spero di non abituarmi mai alle altitudini a cui solo lei sa portarmi, dovreste sperarlo tutti, fidatevi di me…le donne hanno poteri di cui, noi comuni mortali di sesso maschile, non siamo a completa conoscenza né lo saremo mai e tutto questo è eccezionale e strabiliante insieme, non credete anche voi? E poi mi si chiede perché siano la prima meraviglia del mondo.

Ho chiesto alla mia futura moglie e donna della mia vita il permesso per avere almeno dieci pagine sul giornale per parlare dei colpi di scena di questo mondiale, pluffa per pluffa, boccino per boccino, ma della sua risposta ho afferrato bene un grugnito, di questo ne sono sicuro, per cui lo prendo come un no. Quando le femmine grugniscono è un no sicuro, fatevelo dire da me. Detto ciò, se volete tutti i dettagli delle qualificazioni, non prendetevela con lei per la mancanza ma con me per non aver trovato il modo di riassumere in breve due mesi di partite. Gli uomini dovrebbero sempre trovare il modo per liberare le donne da ogni impiccio e da ogni colpa, d’altra parte. Ma torniamo a noi.

I continenti sono cinque ma non tutti gli stati possono prendere parte ai mondiali quindi all’interno di ogni continente è stata fatta una prima scrematura che ha visto classificarsi le seguenti nazionali:

AMERICA: Messico, Perù, Stati Uniti, Trinidad & Tobago, Argentina

ASIA: Tibet, Uzbekistan, Arabia Saudita, Cina, Israele (spareggio)

OCEANIA: Nuova Zelanda, Australia, Vanuatu (spareggio)

EUROPA: Inghilterra, Malta, Germania, Russia, Francia, Jugoslavia, Norden, Fiandre, Repubblica Baltica, Scozia (spareggio)

AFRICA: Lesotho, Congo, Etiopia (spareggio)

Ci sono due importanti considerazioni da fare per quanto scritto. La prima riguarda la qualificazione automatica della vincitrice dei mondiali dello scorso anno, ossia l’Inghilterra, e della nazione che ospita i mondiali in questo caso il Tibet. La seconda riguarda gli spareggi. Dalle nazionali ripescate con spareggio dell’Asia e dell’Oceania solo una potrà proseguire verso i vari gironi, idem per quelle ripescate dell’Europa e dell’Africa. Cosa è successo, quindi? Che si sono qualificate anche Vanuatu e Scozia; escono di scena l’Etiopia e l’Israele. A questo punto le varie nazionali (24) sono state suddivise in sei gironi da quattro squadre ciascuno. Dai punti ottenuti dalle sei partite è stata stilata una classifica e da questa le sfide degli ottavi di finali. Ogni partita vinta garantisce 2 punti in classifica, un pareggio 1 ed una sconfitta 0. Non sto qui a rompervi i boccini ed a fracassarvi i bolidi su come si sia giunti al tabellone qui di seguito, l’aritmanzia è troppo per me, non riuscirei a farvi capire una pluffa di niente ma…vi fidate del ganzo sottoscritto? Fidatevi, ecco.

Non posso raccontare e commentare ogni partita singolarmente altrimenti davvero non mi basterebbe lo spazio di tutto il giornale ma – Tosca sia lodata per queste emozioni – se dovessi parlarvi di una partita degli ottavi, nello specifico, che mi abbia lasciato qualcosa? Fiandre-Jugoslavia, senza alcun dubbio, e parlo di un lascito sportivo non indifferente. Siamo stati abituati in questi anni di quidditch scolastico ad avere – non sempre – delle partite che finissero con un punteggio di parità. Ebbene in queste fasi dei mondiali, dove chi fa il punteggio più basso viene eliminato, la parità non è concessa e si deve ovviare in qualche modo ad essa: la regola dell’Avada-Goal. Questa è stata la prima partita in assoluto in un mondiale in cui si è dovuto ricorrere a questa regola. In cosa consiste? Il primo che manda la pluffa a segno vince la partita ed accede di diritto ai quarti di finale. Questo comporta, naturalmente, un gioco di pluffa più rapido, dei passaggi più stretti mano-a-mano, una frenesia non indifferente in campo, un maggior rischio di falli tattici e non, la voglia di primeggiare che porta alle azioni più spettacolari di sempre. Sono felice di poter dire “c’ero anche io quella volta” perché non vi nascondo che l’emozione è stata non indifferente. E’ un gioco diverso, un momento magico, che porterò sempre con me.

Per i quarti, da bravo patriota, ho scelto Perù-Inghilterra. Non sono di parte ma chi non preferirebbe raccontare – e quindi leggere – della propria nazionale anziché di una estera? Sono consapevole di quanto la nostra sia una realtà multietnica, cosa che trovo straordinaria perché le donne straniere hanno un certo charme, ma il nostro è un giornale inglese e devo rispettarlo. Dicevo, Inghilterra-Perù. Se il Perù ha i propri Kneazle da pelare, l’Inghilterra non è da meno con la Coast e la Springall infortunate e quindi non presenti in campo. Abbiamo dovuto ripiegare sulla James – sì, quella che ultimamente ha clamorosamente annunciato di appendere la scopa al chiodo dopo che le è stata data una possibilità simile – e la Redding. Il gioco dei bolidi è stato determinante, con una strepitosa intesa Hargreaves-James, coppia famosa già ai tempi di Hogwarts, ed un carente controllo di mazza e bolidi da parte degli avversari. La James conquista il boccino ma…come conviverà con questo ricordo visto che mollerà di qui a poco? Vi terrò aggiornati, presto su queste pergamene.

Anche per la semifinale ho scelto una partita inglese, Russia-Inghilterra, non me ne vogliano i francesi ed i fiamminghi, ma assistere all’uscita della propria nazionale dai mondiali per un soffio non è affatto piacevole per chi, come me, ha il cuore inglese. Non fatevi ingannare dal mio colore di pelle, suvvia. Ho una cosa da dire però…Merlino è stato compassionevole con noi e ci ha fatto uscire di scena gareggiando con i neo-campioni, per cui tanto di cappello per la nostra nazionale. Quali sono stati i problemi di questa partita ed i motivi di tale sconfitta? Come dicevo all’inizio, il meteo. I russi con le loro rigide temperature e ventose giornate sono più affini e vicini al meteo tibetano per cui il loro corpo è abituato e più a proprio agio in quelle zone, differentemente agli inglesi che, sì, possiamo parlare di temperature rigide e vento ma mai quanto quelli del Tibet. Altro fattore a nostro sfavore è la mancanza della Coast, non perché la James non sia adatta, ma perché la squadra consolidata è quella composta da determinati componenti e quando uno di questi viene a mancare l’armonia va a fanpluffa, qualcosa stride fra le note dello spartito e non ci si può fare nulla. Ci sono i casi in cui si riesce ad andare avanti comunque, altri in cui la mancanza di questa armonia è determinante, in un senso o nell’altro. Altro fattore da considerare è anche la pressione, il fiato sul collo, per quella che – oltre a campionessa mondiale – è anche la potenza quidditchistica di sempre, pressione che scatena la famosa ansia da prestazione; se si riesce a superare questa con un’azione uguale e contraria si innesca quella bramosia di riuscire, di vincere ad ogni costo. Forse insieme alla Coast è mancata proprio questa. Infine, ma non per importanza, se l’Inghilterra si sentiva il fiato sul collo lo stesso non si poteva dire della Russia che, giocando senza pretese ed aspettative, è riuscita a non aver problemi di ansia da prestazione. Se a tutto ciò aggiungiamo il fattore “fortuna” di un boccino così vicino alla Vrhojansk a discapito della più lontana James capiremo il perché non ci sia stata proprio storia. A malincuore, cari tifosi, devo dirlo: l’Inghilterra esce dai mondiali. La Russia, in via del tutto inaspettata, si sfiderà contro le Fiandre per il titolo mondiale.

Ma non è finita qui per l’Inghilterra. Si dovrà, infatti, stabilire il terzo posto sul podio per cui anche questa volta si potranno sfidare le eterne rivali: Inghilterra e Francia. L’infortunio della Coast e della Springall sono solo un brutto ricordo di un fato forse non proprio benevolo nei confronti della nazionale inglese che comunque sembra brillare di luce propria durante questa partita. Sarà il ritorno delle due giocatrici in squadra con il dovuto equilibrio al seguito, sarà l’elettricità che si percepisce nell’aria, sarà l’amichevole rivalità sportiva fra la Glorbander, la James, la Olsen e Hargreaves, tutti ex-compagni di scuola ad Hogwarts quando il quidditch era puro spettacolo, non me ne vogliano i giocatori attuali. L’elettricità, come già detto, è stata la protagonista dell’intero match e probabilmente anche la causa dei tanti falli fatti e subiti – con rigori al seguito – e della frenesia del gioco che alla fine, dopo un reparto battitori degno di ogni lode, ha visto vincitrice la cercatrice inglese, splendidamente in forma dopo l’infortunio.

Ed infine, dulcis in fundo, la finalissima: Fiandre-Russia.
Qui di seguito le formazioni:

Fiandre: F. Roselare (C); J. Der Gurard, A. Vrauwdeunt; J. Van Der Sloot, S. Van Spaandonck, G. Cambuur; C. Korter.

Russia: D. Kolyvanova; S. Trokolovski (C), V. Shishkova; I. Nevskij, V. Sycev, F. Krakoff; J. Vrhojansk.

Se la finale Francia-Inglese era la più pronosticata di certo non si può dire lo stesso per il posto in finalissima delle due finaliste. Le Fiandre hanno faticato e si sono trascinate sul podio mentre sulla Russia nessuno avrebbe mai puntato uno zellino, sebbene durante tutto il mondiale abbia dato dimostrazione di quanto valesse. E non per diceria. Le calunnie non tardano ad arrivare, forse proprio per questo, dove il capitano delle Fiandre accusa i russi che forse hanno fatto uso di fortuna liquida ed il capitano russo risponde celermente accusando il rivale di aver alzato un po’ troppo il gomito e di non poter scendere in campo. Calunnie e tensione a parte non dobbiamo dimenticare cosa ci sia in ballo e quanto sia stata una sfida dopo l’altra affermarsi a gran voce in campo dinnanzi a potenze del quidditch come la Francia, l’Inghilterra e la Germania. Se il gioco di pluffa è pressoché equivalente in entrambe le squadre durante i circa 120 minuti di gioco lo stesso non si può dire per quello dei bolidi dove la cercatrice fiamminga è praticamente tormentata dai bolidi russi, non concedendole neanche un attimo di respiro. Sarà proprio questo il motivo della disfatta fiamminga, la stanchezza della cercatrice che, essendo per altro appena rientrata dall’infortunio, deve fare i conti con i bolidi avversari ma anche con l’instancabile pressing della cercatrice avversaria che, a conti fatti, ha vita facile. Spesso durante le partite di quidditch si tende a pensare ed ad affermare che il boccino d’oro dia in automatico la vittoria…non è così, altrimenti non si giocherebbe in sette e la performance dell’eccellente portiere russa concede ai russi quel vantaggio nel punteggio che non serve solo ad avere più punti sul tabellone ma è motivazionale per la squadra e per i tifosi tutti che con i loro incoraggiamenti ed il loro tifo infervorano i giocatori e li spronano a dare il meglio. Ed è quello che succede. Ennesimo bolide sulla cercatrice fiamminga, non può far nulla per evitare che l’avversaria stringa fra le mani la sfera dorata decretando la vittoria della Russia che, contro ogni aspettativa, è campione del mondo di Quidditch.

Mi sono permesso di elencare più e più volte i punti di forza di questa Russia ai mondiali di Tibet ’72 – il gioco di squadra, l’ambient favorevole, la voglia di vincere, la mancanza di ansia da prestazione, la fisicità – per cui mi chiedo…sta forse cambiando l’assetto della squadra campione mondiale, come i giornali si sono premurati di appuntare all’alba della vittoria della Russia o c’è dell’altro? Secondo il mio personalissimo parere non c’è un assetto di squadra vincente, le variabili in uno sport come il quidditch sono infinite e fra queste rientra inevitabilmente l’ambient in cui si svolgono le partite ed anche – non nascondiamoci dietro un asticello – il fattore Welkentosk che, magari, stavolta ha visto preferire la Russia. Fortuna liquida, raccomandazioni, bari…non cerchiamo necessariamente il capro espiatorio che giustifichi la vittoria di una squadra diversa dalla nostra nazionale, prendiamo atto della cosa ed analizziamo i pro ed i contro, preparandoci ai prossimi mondiali che sono dietro l’angolo più di quanto pensiamo.

Michael McCohen. Quintino tassorosso, scozzese, amante della vita in tutte le sue forme e misure ma soprattutto delle donne, dalle più piccole alle più grandi senza distinzione alcuna. Ritiene che siano la forza che permette al mondo di ruotare nel verso giusto e niente gli potrà mai far cambiare idea. La sua preferita, però, resterà Merida alla quale lascia tutti i giorni, sulla sua scrivania della Redazione, fiori freschi e cioccolatini ogni venerdì pomeriggio alle 17. Ama le materie teoriche che tutti considerano "out" come astronomia, storia della magia ma soprattutto divinazione. Non gli piace l'idea di usare la bacchetta – come dice a tutti – ma nessuno sa che il motivo di questo, in realtà, è il suo essere magonò. È convinto di avere il terzo occhio ma che il suo sia specializzato nel mondo dello sport ed in nient'altro…un <i>occhio particolare</i>, in tutti i sensi. Non conosce la sua madre biologica ma i suoi genitori adottivi non gli hanno mai fatto sentire questa mancanza. Vuole diventare un giornalista sportivo anche se il suo sogno più grande è fare il magi-cronista delle partite di quidditch.