- Seconda parte -

Si guardò attorno, curiosa; si trovava in una stanza con molti scaffali, carichi di libri. Alcune librerie erano disposte parallelamente, ma in modo sfalsato per tutta la stanza, almeno per ciò che Jacqueline poteva vedere. La bambola era caduta sul pavimento polveroso, accanto alla sedicenne. Lasciando lì la Passaporta, perché non poteva trattarsi d’altro, la ragazza esplorò la sala, scoprendo che non era ampia come sembrava e che non vi erano solo librerie: in fondo alla sala vi era una scrivania quasi sotterrata da pergamene e tomi e, alla sinistra della ragazza, un caminetto spento. 
Jacqueline provò il bruciante desiderio di avvicinarsi, ma così sarebbe uscita dalla protezione offerta dall’ombra degli scaffali. Tese l’orecchio: un silenzio inquietante regnava tutto attorno a lei, disturbato solo dal suo respiro. Avanzò di qualche passo verso la scrivania; il pavimento scricchiolò. Jacqueline si rimise in ascolto: ancora silenzio ma, ad un certo punto, le parve di udire, in quel silenzio innaturale, come dei rumori, molto molto lontani, troppo per essere distinti e forse non erano neanche reali ma solo frutto della sua immaginazione. “Sciocca! È inutile agitarsi: non arriva nessuno!” Si rimproverò scuotendo la testolina bruna. Il cuore, però, non rallentò i battiti neanche quando raggiunse indenne la scrivania, dove alcuni oggetti attirarono l’attenzione della Corvonero: delle pergamene, legate da uno spago e scritte con una minuta, fitta ed elegante grafia, erano apoggiate sul disordine, come se vi fossero state posate con grandi riguardi. Jacqueline non osò toccare quelle pergamene che, a giudicare dal modo in cui era strutturata la prima, dovevano essere lettere. La prima missiva riportava due date che si distanziavano di dieci anni, iniziava con “Cara nipote” e terminava con “Tua nonna”. Leggendo la lettera, però, non vi erano ulteriori informazioni su nessuno dei due personaggi se non che la più giovane, avrebbe dovuto essere ad Hogwarts, quando la nonna le scriveva.
Jacqueline stava per sfilare dal fascio di pergamene la seconda lettera, quando il rumore di passi, che prima credeva di aver immaginato, si fece chiaro, nitido e pericolosamente vicino.
“Porco Boccino!” imprecò mentalmente, stringendo istintivamente la propria bacchetta all’interno della tasca della felpa mentre, correndo, tornava a rifugiarsi dietro gli scaffali. Si sedette accanto alla bambola dietro lo scaffale, cercando di calmarsi e sperando che chiunque stesse passando non fosse diretto proprio in quella stanza.
I passi si avvicinavano, le voci si facevano più nitide. Li sentiva, sempre più vicini, sempre più vicini e poi CLACK! “Porco Boccino!” esclamò mentalmente, ma fu solo per un soffio che non si fece udire dai due uomini, che erano appena entrati nella stanza.
«… Dovremmo avere notizie a breve» disse una voce bassa e profonda, tranquilla e autoritaria.
«Lo spero, è ormai troppo che aspettiamo e cerchiamo… e mi stressa! Mi stressa terribilmente! Quella stupida vecchia ha lasciato pochissimi indizi! Troppo pochi! » La seconda voce era più agitata, arrochita – dal tempo? – e più acuta della precedente.
«Lo so… Speriamo solo che William abbia più notizie.»
«Non dovrebbe essere già qui? »
«Già, chissà perché… »
Ma non riuscì a completare la frase perché in quel momento un rumore di ferraglia, seguito da un’imprecazione, lo interruppe.
«Quante volte vi ho detto di togliere quella roba davanti al camino! » esclamò una voce molto più giovane, limpida e squillante delle altre «Fa male quando si arriva… Avete mai provato a sbattere contro questi stupidi arnesi da camino, che nessuno usa?»
«Piantala, Will» disse l’uomo con la voce autoritaria, senza perdere i toni calmi. «Perché non hai usato la Passaporta a bambola che ti avevamo mandato vicino alla Stamberga?»
Ma il resto della frase non fu che un brusio indistinto per Jacqueline, appena colpita da un’illuminazione, come un fulmine a ciel sereno. “McClyde? Miseriaccia io conosco un McClyde… Aspetta… Aspetta… Sì, giusto! McClyde… Mary-Anne McClyde è la nonna di Christine! Ma perché la citano? Cosa vogliono? Cosa vogliono da Christine? Voglio quelle missive!” Quando, dopo il monologo interiore, Jacqueline tornò a prestare attenzione, avevano già cambiato argomento.
«E se avesse già gli oggetti?» Domandò l’uomo con la voce agitata, estremamente fastidiosa per la Corvonero.
«Se li avrà, glieli toglieremo con la forza.» La voce profonda dell’uomo si era improvvisamente indurita.
«Non possiamo certo tornare ad Hogwarts, John!»
«Non sono sconsiderato come te, mio caro Alex.» Fu la risposta di John, che manteneva il tono duro e autoritario. «Will, devi costantemente informarci sulle uscite ad Hogsmeade: sarà in quelle occasioni che noi agiremo.»
«Ricevuto» rispose Will, improvvisamente calmo.
«E ora venite… Ci sono alcuni acquirenti che aspettano le nostre uova di Acromantula…»
Rapidamente gli uomini uscirono dalla stanza. Fu solo quando sentì che erano ormai lontani che Jacqueline agì. Si avvicinò nuovamente alla scrivania e stava per prendere il fascio di pergamene, quando…
«Aspettate! Ho dimenticato l’orologio di là.»
«Ok, ma muoviti!» 
“Porca Pluffa! Non ce la farò mai a tornare dietro gli scaffali…” Furono i pensieri scaturiti dal panico di Jacqueline, il cui il primo istinto fu quello di nascondersi sotto la scrivania. “Potevi inventarti qualcosa di meglio…” Si rimproverò quando sentì la porta aprirsi. Sentì i passi avvicinarsi alla scrivania. Sentì i piedi davanti la scrivania, proprio dietro di lei e, se non ci fossero state tre “pareti” di legno a proteggerla, sarebbe già stata vista. Un frugare sopra la sua testa, sul piede cade una pallina di vetro e, per non urlare di dolore, Jacqueline si ficca i denti nel labbro fino a farlo sanguinare. Un tintinnio alla sua destra.
«Trovato?» 
«Sì, è qui a terra.»
“Fa che non mi scopra… fa che non mi scopra…” In realtà non era colpa sua se era stata trasportata lì da una Passaporta, però qualcosa di quella gente non le piaceva affatto. Forse perché le uova di Acromantula non sono esattamente le uova più commerciate e commerciabili che esistano? L’uomo si piegò e Jacqueline cercò di farsi il più piccola possibile. Will rimase qualche attimo immobile, Jacqueline tremava e il tempo passava lento, troppo lento.
« Will ce l’hai o no quell’orologio… ?»
«Ehm… Sì, eccomi.»
“Sì… Sì… Vattene! Vattene!” Quando finalmente rimase sola nella stanza, Jacqueline saltò fuori. Velocissima, prese il fascio di pergamene e si recò davanti al caminetto; mentre con una mano reggeva bambola e pergamene, con la destra estrasse la bacchetta dalla felpa e accese il fuoco nel camino. “Rapida! Rapida!” s’incitava mentalmente mentre prendeva un pizzico di polvere magica per gettarla nel fuoco; poi, stringendo al petto bambola e missive, saltò nel fuoco gridando:
«HOGWARTS! SALA COMUNE CORVONERO!»

Crystal Dhayle

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