- Prima parte -

Il piede affondò per l’ennesima volta nella candida neve; sprofondò fino al polpaccio, bagnandole ulteriormente i jeans. Il gelo le penetrava nelle ossa e tremava nonostante il giaccone. Jacqueline imprecò mentalmente. “Perché… Perché mi sono fatta trascinare fin qui!”. Lo sguardo ambrato si posò sulla sua migliore amica, Christine, il cui sguardo azzurro scuro era fisso e determinato, come l’animo della Grifondoro, deciso, curioso e, soprattutto, coraggioso. Jacqueline, invece, non era affatto coraggiosa e la Stamberga Strillante la spaventava. Si ergeva davanti alle due studentesse, con la sua atmosfera cupa e sinistra. Jacqueline rabbrividì; sin da quando Chris glielo aveva proposto, lei aveva mostrato la sua disapprovazione all’idea di una “scampagnata” alla Stamberga Strillante, costringendo l’amica a portarla fin lì a forza. Ora, davanti all’edificio pericolante, il timore non era diminuito, ma un’occhiata all’amica le fece capire che non avrebbe rinunciato per nulla al mondo all’esplorazione.
Non era necessario entrare nella catapecchia pericolante, per sentire l’odore di muffa sprigionato dai legni che la costituivano. La Corvonero gettò uno sguardo al paese; le loro erano le uniche impronte sull’innevata via che conduceva al luogo sinistro.
«E ora?» domandò, ma il suo tono di voce era distante, come la mente rimasta incantata dal paesaggio natalizio offertole dal piccolo paese britannico.
«Facciamo un giro qui intorno» fu la risposta di Christine, come se fosse una domanda retorica quella posta dalla Corvonero.
“Sì, andiamo ad esplorare questo bel posto poco disabitato e poco pericoloso!” pensò tra sé, ironicamente, Jacqueline, che decise di analizzare il perimetro dell’edificio. Non aveva più tempo per spaventarsi o pensare: era troppo concentrata nella sua lotta contro la morbida, bagnata, fredda neve. Sollevare la gamba, poggiare la gamba, sollevare la gamba, poggiare la gamba. Gesti ripetuti meccanicamente, per cercare di sentir meno la fatica, perché la neve era contro di lei e voleva che la Corvonero si fermasse, che non proseguisse, ma Line era più testarda della neve e continuò la sua battaglia fin quando non la notò.
Era piccola e rigida, con i capelli castani intrecciati in due trecce, indossava un vestitino azzurro carta da zucchero; gli occhi neri erano vitrei, vuoti e la pelle era rosa, ma pallido, come scolorito. Sul piccolo volto era stampato un sorriso, che avrebbe dovuto esprimere un’allegria che Jacqueline, vista la situazione, non colse. Si avvicinò alla bambola di pezza, in parte nascosta dalla neve. Lo sguardo della ragazza rimase a lungo sulle fattezze del giocattolo. Rifletteva sul perché quella bambola era lì, chi poteva averla lasciata in un posto simile? Eppure si sa: quando si cerca la soluzione a qualcosa, quella più semplice è quella cui non si penserà mai; così, dopo aver scartato molte ipotesi, Jacqueline avvicinò la mano alla bambola. E in un attimo tutto accadde e fu come se qualcosa le arpionasse l’ombelico, mentre veniva sollevata da terra e trascinata in un vortice colorato. Non ebbe il tempo di pensare “E’ una Passaporta” che arrivò a destinazione.

Crystal Dhayle