Fin da quando ero piccolo come uno Gnomo da giardino mia madre ha tenuto a farmi capire uno di quei principi cardine di un essere umano, secondo me: il senso della misura. Saper riconoscere i propri limiti o trarre insegnamento anche da ciò che non è proprio positivo, è quel che ti aiuta a prendere la vita ed i suoi cambiamenti di traiettoria con quella famosa marcia in più, ecco perché – consapevole di come una rubrica sulle regole non sia gradita – ho deciso di usare questo spazio per rendervi partecipi di qualcosa che non ha a che fare con il regolamento scolastico, anche se meriterebbe di essere introdotto nelle norme cardine di Hogwarts: lasciarsi andare a quello che c'è… oltre.
Il professor O'Reilly la settimana scorsa ci ha permesso di fare un'esperienza unica che mi ha fatto vedere le cose in una prospettiva nuova al punto da convincermi che basterebbero pochi istanti per provare ad isolarci da tutto quello che i cinque sensi che possediamo ci fanno avvertire come prioritario ed impellente, ma che forse così urgente non lo è per davvero. Basterebbero quei pochi istanti senza essere solleticati dall'odore d'inchiostro perché i compiti premono per essere svolti, senza concentrarci sul fastidio che il senso della vista amplifica, quando magari vediamo qualcuno cui teniamo in compagnia di una persona che – ne siamo convinti – non sta facendo il suo bene. O ancora basterebbe sperimentare con mano quel che paradossalmente il tatto ostacola. Lo so, siete fortemente tentati dal chiamare la Drybottle per farmi rinchiudere in infermeria per insanità mentale – non è la prima volta che mi date dello str…ambo, dopotutto – però vi assicuro che esiste davvero un incantesimo che è in grado di privare dei sensi anche se per un lasso di tempo breve e soprattutto senza far male al prossimo perché ognuno lo può castare solo su se stesso. Certo, non credo sia giusto che io entri nei dettagli senza il consenso del professor O'Reilly – sono sempre quello rispettoso di un certo modo di fare, esatto – però la sensazione che ho provato a lezione, quella di poter essere raggiunto da qualsiasi cosa che normalmente non viene considerata, mi ha fatto pensare. Tanto. E allora mi son detto…
- Se in quei minuti in cui Morrigan Andersson si è messa ad urlare di tutto contro Kane Lindstrom ed Hazel Grouse ci fosse stato l'effetto di quell'incantesimo che Tommy ha giustamente definito come Aguzzaingegno per il terzo occhio, ogni cosa non sarebbe forse potuta scivolare via più tranquillamente solo potendo avvertire non la rabbia ed il risentimento di ognuno – in cui non entro in merito, ci mancherebbe – ma l'armonia che va oltre? Non ci sarebbe stata magari una maggiore probabilità di sentire ciò che non è concreto, ma non per questo deve essere meno importante solo perché i sensi arrivano prima ad occupare la scena?
- E se, mentre tutti noi del settimo anno lasciavamo l'aula di Incantesimi, Katniss Grey o Caleb Harris avessero potuto usare l'incantesimo Ottenebrante – perché questo è il suo nome – l'avrebbero sfruttato meglio di quel che avviene con un Soliloquium che ti fa buttar fuori parole, sì, ma senza la possibilità di render altrettanto chiaro e palese il contesto che le accompagna?
- E se, tra noi scribacchini presenti in redazione durante la mensile riunione per decidere gli articoli del numero in uscita, puntare la bacchetta contro se stessi e cercare di isolare l'ovatta che ci fa spesso sentire e vedere solo quello che vogliamo, avesse lasciato comprendere in realtà come basta davvero poco per lasciarsi ingannare?

Il professor O'Reilly ci ha detto che quello che abbiamo sperimentato a lezione è una forma di Chiroveggenza ovvero – mi sono informato a dovere – la capacità di conoscere luoghi ed oggetti che possono essere lontani o nascosti, attraverso delle percezioni extrasensoriali. Un concetto che affascina anche solo a livello teorico (vi lascio quindi immaginare cosa possa essere dal punto di vista pratico) ma a mio avviso un argomento che porta con sé anche altri spunti di riflessione che vanno al di là della Divinazione stessa.
Immaginate, infatti, come sarebbe la vostra vita – dagli aspetti più banali a quelli più rilevanti – se non aveste alcun senso cui appigliarvi. Immaginate cosa vorrebbe dire – per davvero – doversi lasciar investire dalle sensazioni che nulla hanno a che vedere con la certezza che pensiamo possa derivare dal vedere. Dall'ascoltare. Persino dal toccare con mano o dall'annusare. Sarebbe meglio o peggio? Ce la prenderemo di meno perché non ingannati da una parola che può essere fraintesa o finiremo con l'impazzire lentamente, senza quel "tangibile" che ci dà in fondo gran parte delle sicurezze che abbiamo?

REGOLAMENTO SCOLASTICO

Il regolamento scolastico non è ferrato in Divinazione, si potrebbe dire che non sia ampiamente preparato in nessuna delle materie scolastiche, in realtà. Ma è un regolamento e, come tale, è finito. Delineato. Stabilito. Segue delle regole, si tiene all'interno di margini universalmente riconosciuti. Immaginare l'assenza dei cinque sensi nel quotidiano equivale più o meno ad ipotizzare un regolamento in cui le norme sono il frutto del sentire di ognuno, lasciando che lo stesso prenda forma e si delinei in base a quello che si cela, a ciò che non si mostra per senso di inferiorità o paura. O solo perché il diverso si sentirà sempre tale sino a quando non verranno giù determinate barriere. Un regolamento strutturato in questo modo sarebbe utopicamente il top, anche se tutti – però – sappiamo che non sarebbe comunque realizzabile al pari del non poter venir meno ai nostri sensi.

Io non lo so cosa ho scritto di preciso in queste righe. So che non ho un futuro in Divinazione – anche se non sei tu che scegli la tua strada ma il contrario – ed il mio intento non è di certo quello di indicare questo o quell'esempio di fatti scolastici di cui non sono entrato in merito proprio per rispetto di chi si è trovato coinvolto. Quello che ho cercato di portare alla vostra attenzione è solo la mia testimonianza in prima persona di come – ogni tanto – sarebbe bene liberare la mente da tutto quello che ne condiziona inevitabilmente reazioni e comportamenti. Solo per staccare. Solo per mettere in pausa ogni cosa che ci circonda ed entrare veramente in contatto anche solo con un cuore che batte ed un cucciolo impaurito nascosto in una provvisoria tana.
Questo dovrebbe essere l'importante.

Jackson Parker. Scozzese con il kilt di castità, si vocifera che abbia imposto il rispetto delle regole anche alla Piovra Gigante, ricevendo come risposta una doccia gelata e qualche apprezzamento – non recepito come tale – da parte di poche svenevoli studentesse intente a bighellonare sulle sponde del Lago Nero. Creatore inconsapevole di doppi sensi che è il primo a non afferrare come tali, ha fatto del regolamento scolastico una delle sue ragioni di vita, al punto da essere più noto come Il Moralizzatore che con il suo nome di battesimo. Incline a salutare chiunque più volte al giorno come se non ci fosse un domani, se non altro ha finito di far sanguinare le orecchie altrui millantando una parentela alla lontana con Agatha Wickham, errore scaturito probabilmente da tutte le volte che gli viene augurata una morte lenta e dolorosa per aver sabotato feste non autorizzate o coprifuoco non rispettati. Affetto dalla sindrome di sorellanza con gran parte delle sue coetanee e circondato spesso da esponenti di sesso femminile, più che un Billywig che va di fiore in fiore si tratta in realtà di un pianeta interstellare ancora inesplorato. Letteralmente.