È lo spauracchio degli studenti. Vecchia, brutta e acida, la bibliotecaria della scuola è una delle persone con cui normalmente si vorrebbe non avere a che fare. Perché, di fatto, è la tizia che ti bercia contro se alzi la voce di un’ ottava entro le sacre pareti della biblioteca, è quella che ti compila la scheda di prestito del libro a malincuore, quasi avesse paura tu lo mangiassi appena uscito dalla stanza, è quella che ti scruta e, ogni volta, ti fa sentire una specie di teppista delinquentello, qualsiasi cosa tu faccia, anche solo consultare un tomo impolverato sulla vita di qualche oscuro mago seicentesco. Insomma, non esattamente la candidata ideale per un’intervista. Però c’ ho provato. Piano piano, con molta calma, gentilezza e soprattutto a bassa voce, c’ho provato. E boh, penso anche di essere riuscita a scoprire qualcosa di interessante: tipo, che la signora Augusta Hawthorn, oltre ad essere la bibliotecaria della scuola, è anche e sopratutto una persona.

Charlotte: Salve, sì, le ho riportato tutti i libri che avevo preso in prestito la settimana scorsa. Sì, certamente, ricorderò anche a Lizzie di riportarli, lo farà prestissimo, ne sono certa. Sì, ovvio, ha perfettamente ragione, in biblioteca non si entra con le scarpe sporche di terra, dopo la lezione di Erbologia. Sì, ecco, posso farle qualche domanda?

A. Hawthorn: Signorina, dopo sei anni di accanite e disperate frequentazioni della biblioteca scolastica, vorrei sperare che abbia imparato il sistema di classificazione dei libri. Cos’è che non trova?

Charlotte: No, no! La classificazione è fantastica, dico sul serio. Molto chiara, anzi, le faccio i complimenti per questo sistema: era un po’ che volevo farglieli, in realtà, ma andavo sempre di fretta, fra lezioni e compiti e non so che altro. Comunque, oggi non mi serve niente, davvero. Volevo solo farle qualche domanda, è per il giornalino della scuola: posso?

circoA. Hawthorn: Il giornalino della scuola! Voi ragazzi dovreste formarvi su dei libri seri, non su queste sciocchezze. Il giornalismo non è vera letteratura, non trasmette veramente il sapere, la sapienza, il…

Charlotte: Ma infatti noi ragazzi siamo continuamente in biblioteca, lo sa anche lei, continuamente ci bercia… cioè, condivide con noi un po’ della sua cultura ed esperienza. Appunto per questo non vorrebbe contribuire a risollevare il giornalismo? Non vorrebbe mandare un messaggio agli studenti di Hogwarts dalle pagine de “La Voce degli studenti”?

A. Hawthorn: Se proprio insiste, signorina. Sappia che è solo perché oggi c’è poca gente, appunto perché evidentemente devono essere tutti a leggere questi vostri giornali. Allora, cosa vorrebbe sapere? Forse com’è nata la prima biblioteca?

Charlotte: Be’, veramente qualcosa su di lei, sulla sua vita, sul perché è diventata Bibliotecaria… Almeno, di solito io comincio così le interviste, chiedendo alla gente di raccontarmi qualcosa di loro, tanto per diminuire la distanza fra loro e i lettori.

A. Hawthorn: Io non ci tengo a diminuire la distanza fra me e questo tipo di lettori, se devo essere sincera. Comunque, se proprio insiste, mi chiamo Augusta Hawthorn, sono nata l’otto settembre sotto il segno della Vergine e … e no, quanti anni ho non glielo dico nemmeno se insiste, non si chiede l’ età ad una signora.

Charlotte: Le assicuro che non è necessario. Continui, prego.

A. Hawthorn: Ho studiato in questa scuola, quando è stato il suo tempo, e mi sono distinta per essere stata capitano della squadra di Gobbiglie, al quinto anno. Se è per questo, brevemente sono stata anche Prefetto della mia casa (Grifondoro), ma ho rinunciato alla carica perché non mi era possibile conciliare le due cose con l’ attività della squadra.

Charlotte: Accidenti, lei giocava a Gobbiglie, è incredibile! Cioè, insomma, volevo dire, è una bella cosa! Penso che le Gobbiglie siano veramente un buon modo per passare il tempo, un mio amico gioca a Gobbiglie, forse un giorno imparerò a giocare a Gobbiglie! Ma immagino che amasse molto anche leggere, non è così?

A. Hawthorn: No, mi duole ammettere che al tempo non leggevo affatto, non rientrava tra i miei interessi. Ad essere sincera, il primo libro che ho letto senza contare quante pagine mancavano alla fine è stato “Il dizionario della Gobbiglia”, opera in due volumi peraltro interessante nel suo genere, di Thomas Ribbs. Dopodiché ho proseguito con manuali che illustravano strategie di gioco, oppure romanzi che parlavano di partite di Gobbiglie, piuttosto che biografie dei giocatori professionisti e…

Charlotte: Sì, penso di aver capito il senso. Quindi bene, le Gobbiglie erano la sua più grande passione. Il passaggio da queste alla letteratura vera e propria com’è avvenuto, quindi?

A. Hawthorn: Penso di aver subito l’ influsso di mio marito Marcus, lui era un uomo tanto intelligente!

Charlotte: Quindi non è una vecchia zitella… Insomma, volevo dire, lei è sposata?!

A. Hawthorn: Divorziata, per l’ esattezza. Marcus era un uomo tanto intelligente, e non ho mai capito come un uomo tanto intelligente potesse essere così idiota, ma questa è un’altra storia. Il fatto, comunque, è che nei dodici anni in cui siamo stati insieme – eravamo così graziosi, all’ inizio, ci siamo sposati non appena finita la scuola e io ero già rimasta incinta di Scarafaggio…

Charlotte: Scusi se mi permetto, avete chiamato davvero vostro figlio Scarafaggio?

A. Hawthorn: Sì, è un bel nome. Pieno di significati, poi. Non lo sa che presso gli Egizi lo scarafaggio era sacro, ad esempio? Comunque, direi che non è rilevante parlare del nome di mio figlio, mi sembrava che la domanda fosse su come sono arrivata all’ amore per i libri.

Charlotte: Certo. Ehm, continui pure.

A. Hawthorn: Quand’ero incinta di Scarafaggio, Marcus leggeva per me. Era molto piacevole starsene seduti in veranda, a bere tè – oh, avevo una gran voglia di tè in quei giorni! – e ad ascoltare la voce di Marcus. Aveva una bella voce, Marcus, glielo dicevo sempre che avrebbe potuto fare l’ attore, ma lui ovviamente non mi dava ascolto, non me l’ha mai dato del resto e ci sono state le conseguenze che ci sono state. Comunque, proseguire da sola mi è sembrato naturale, una volta che Scarafaggio è nato e Marcus ha iniziato ad essere troppo impegnato per leggermi dei libri. Non mi spiego onestamente ancora perché, forse a causa dei bei ricordi, probabilmente per quanto i libri siano a prescindere oggetti magici, ma ho cominciato a leggere e non ho più smesso.

Charlotte: Oh, che bello. Ha detto una bella cosa.

A. Hawthorn: Mah, ho i miei dubbi. Il cliché dei libri come oggetti magici è trito e ritrito, ma del resto è vero. Comunque, quando Scarafaggio ha compiuto cinque anni e la madre di Marcus si è trasferita da noi per darci una mano – una donna assolutamente invadente, oserei dire – io ho pensato di cominciare a lavorare e ho fatto un concorso al Ministero della Magia. C’era un posto disponibile a Hogwarts, alla casa badava mia suocera, quindi ho accettato questo incarico in biblioteca, m’era sembrato carino, una specie di omaggio a Marcus, ma è stato l’ inizio della fine, lui diceva che non ero mai a casa. Sì, peccato, tant’è, amo il mio lavoro.

Charlotte: Fare un lavoro che ci piace suppongo sia già molto, con i tempi che corrono.

A. Hawthorn: Direi. Amo lavorare in biblioteca, amo l’ odore dei libri, il silenzio, perfino i tagli da pergamena. Adesso che anche Scarafaggio se n’è andato – e del resto è giusto così, ormai è grande, lavora all’ Ambasciata Magica Inglese in Francia – vivo a Hogwarts. C’è chi dice che viva per queste quattro mura, ma non è così: vivo per i libri, per quello che c’è al loro interno. E vivo di ricordi, in un certo senso i libri sono ricordi, e a me piace custodire questi ricordi.

Charlotte: Indubbiamente i ricordi sono belli ed è tanto poetico definire un bibliotecario un custode di ricordi, che…

A. Hawthorn: Cosa stanno facendo quei ragazzi laggiù col succo di zucca? Scusi tanto, ma la chiacchierata è finita, ho già perso abbastanza tempo… VOI DUE, IN BIBLIOTECA NON SI MANGIA!

Charlotte Midlee